Bruno Conti: “Solo per Maradona avrei lasciato la Roma; Spalletti è l’uomo giusto”
L’eroe di Spagna ’82. Il migliore degli azzurri disse Pelè, uno che di calcio ne capisce. «A ogni Napoli-Roma Diego mi ossessionava: dai, viene da me il prossimo anno. Anche il piccolo Daniele che aveva 6 anni era stregato da Maradona, io fui tentato. Solo per lui avrei lasciato la Roma. Poi sono rimasto, ma con Careca, Carnevale e il grande Pibe de oro mi sarei divertito tanto. Anche se con Giordano pure non è andata male». Bruno Conti si racconta in una biografia imperdibile. È una delle icone del calcio italiano. Ora a Trigoria è coordinatore tecnico del settore giovanile, dai 10 ai 16 anni.
Conti, una delle immagini più emozionanti è lei che si inginocchia davanti al murales di Maradona. «Sapevo che per me sarebbe stata una grande sofferenza andare in quel luogo, in quella piazzetta ai Quartieri Spagnoli dove è impossibile non commuoversi pensando a quello che Diego ha fatto e che ha lasciato. L’ho fatto perché avvertivo l’esigenza di salutare un amico, l’unico al mondo per cui avrei potuto lasciare la mia Roma, il mondo, la mia vita».
Siamo fuori dal Mondiale. Cosa va fatto per rilanciare il nostro sistema? «I ragazzi bravi ce ne sono, io vedo tante partite ogni settimana. Ma con loro bisogna avere pazienza e il coraggio di farli giocare in prima squadra senza badare troppo all’età. E proteggendoli dagli errori che inevitabilmente faranno. Ecco, non bisogna aver paura di farli giocare».
È cambiato il mondo dei ragazzi rispetto ai suoi tempi? «A 14 anni, e lo dico per la mia lunga esperienza di settore giovanile, non è sempre facile ipotizzare le potenzialità di un talento. Io, a differenza di molti ragazzi di adesso che al primo gol passano per fenomeni e che poi si abbattono o si perdono alla prima bocciatura, passavo da provino a un altro dove dicevano che ero basso e mingherlino. Zio Fiore, invece, si divertiva a vedermi giocare e aveva intuito che il calcio era il mio destino. Per me calcio e baseball erano prima di tutto un divertimento e mai avrei pensato di diventare un campione. Ora, invece, nessuno vuole più aspettare, nessuno ingoia le bocciature, c’è sempre la tattica che viene preferita al talento. E tutto questo spesso esaspera».
Che consiglio dà ai giovani calciatori? «Io ho un solo rimpianto: la scuola. A tutti dico: divertitevi con il calcio, ma non trascurate lo studio, che quello vi tornerà sempre utile».
Come ci si rialza dopo questa caduta così rovinosa con la Macedonia? «Senza colpi di testa, senza pensare che la soluzione sia mandare via Mancini. Quando si cade bisogna sapersi rialzare, non è facile».
Spalletti può vincere lo scudetto a Napoli? «E chi meglio di lui non può provarci? Quando Rosselle Sensi mi investì del compito di trovare il nuovo allenatore della Roma con Pradé ci trovammo subito d’accordo a ingaggiare quel toscano che con l’Udinese ci aveva fatto una testa così. E per quattro anni ha fatto un lavoro straordinario, perché è metodico, testardo, preciso. L’uomo giusto al momento giusto per il Napoli».
È una corsa a quattro per il campionato. «Non succedeva da tanto tempo che ci fosse questo equilibrio. Non ho la mia favorita, tutte hanno pagato un prezzo agli infortuni. Ora conta la condizione fisica e la voglia di arrivare fino in fondo, senza che le gambe tremino».
Nel suo libro racconta spesso di Maradona. «Ho vissuto con lui momenti unici. Come quando venne nel nostro ritiro in Messico nel 1986 poche ore prima di Italia-Argentina per salutare Bagni e De Napoli o come quando mi raggiunse a Trigoria con Ciro Ferrara e io lo presentai, a sorpresa, nel 2005, come un nuovo acquisto della Roma. La sua morte è un dolore che non è ancora andato via».
Lei è Bruno Conti. Chi la emoziona veder giocare? «Non è solo per un legame affettivo, ma è difficile non restare estasiati davanti al capitano della Roma Lorenzo Pellegrini».
A luglio sono 40 anni dalla finale di Madrid. «Ed è per questo che ho scritto questo libro. Per raccontare anche tutto quello che non è mai stato raccontato. E poi per ricordare i miei genitori e la mia famiglia».
Il Mattino