Capello ha dato un suggerimento dall’alto della sua immensa esperienza calcistica: «Non imitiamo più il Guardiola di 15 anni fa, basta. Le nostre squadre non cercano più la verticalizzazione». Ma i mali del calcio i taliano – ci troviamo a riproporre le stesse analisi di 12 anni fa, dopo l’eliminazione dei campioni del mondo in Sudafrica – non sono soltanto all’interno del recinto verde. Mancini deve aver adoperato la bacchetta magica durante l’Europeo della scorsa estate, poi l’incantesimo si è spezzato. Colpa sua e dei suoi campioni che si sono improvvisamente sgonfiati. Ma c’è dell’altro. Il calcio italiano stenta da tempo. Al di fuori dei confini, i club si segnalano solo per le continue eliminazioni. Le procure accendono spesso i riflettori sui bilanci delle società: da mesi quella di Torino è al lavoro sui conti della Juve e la stessa Figc sta facendo accertamenti su plusvalenze fittizie, senza trasferimenti di denaro. I vivai, storica forza del settore, sono pochissimo sfruttati e c’è chi si offende se il ct dell’Under 21 lo fa notare. E infine in campionato c’è totale incertezza perché da cinque stagioni il Var è a dir poco lacunoso. Messi così male, avremmo mai potuto ripetere il miracolo di Wembley? Fonte: Il mattino