Nell’ intervallo di Napoli/Udinese la prima scossa di Spalletti: “Giocare senza paura di sbagliare”
D opo essersene stato per quarantacinque minuti a studiare, ed aver deciso che nel mosaico mancava semplicemente un pezzo, Luciano Spalletti si è tolto la tuta da dosso, si è messo (virtualmente) in camice bianco, ha imbastito un discorso di poche parole ed è andato a toccare le corde dell’anima di quel Napoli così lontano, ma neanche poi tanto, da se stesso. «Bisogna continuare a fare ciò che sappiamo fare, ma senza aver paura di sbagliare». Nel silenzio stagnante d’uno spogliatoio incredulo per la propria fragilità, hanno ascoltato tutti, poi si sono guardati negli occhi e hanno capito che intanto altro stava accadendo: dallo stanzone, nel quale sotto le mentite spoglie di un allenatore era piombato un erede di Freud, era però sparito improvvisamente Mertens, mandato a raccogliere il proprio talento per sistemarlo al servizio della rimonta contro l’Udinese ancora a portata di Napoli e del suo calcio.Il Napoli stava esprimendo il peggio del proprio repertorio senza mai riuscire a essere se stesso: la causa, ammesso che ce ne fosse una, apparteneva non al campo ma alla testa, a quella forma di pressione che certi appuntamenti scatenano così, da un po’ – da anni – e che quando pareva essere stata addomesticata con il finale dell’Olimpico ma pure con i 90′ di Verona, era comparsa di nuovo. «Giochiamo seguendo la nostra natura, palleggiamo, allarghiamo il campo, andiamo dentro, non abbiamo paura di sbagliare». La chiave tattica, sarebbe venuta dopo, non un dettaglio ma neanche l’elemento essenziale per ribaltare l’umore e la dimensione di quel Napoli rimasto soffocato dall’Udinese e da una responsabilità che lo stava inaspettatamente piegando. A. Giordano (CdS)