Si ricomincia dove tutto ebbe fine, il Napoli ritrova il Verona

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Una rovinosa giornata che divenne il poster dello strappo tra De Laurentiis e Gattuso: 407 giorni fa, ora più ora meno, nel suo tour alla ricerca di un allenatore che poi non sarebbe arrivato, le consultazioni portarono Adl in Inghilterra, da Benitez, ma anche in Toscana, da Sarri e da Spalletti, e in quel girovagare vennero gettate le basi per la rivoluzione tecnica di luglio, consegnata ad un uomo di quel Napoli «innamorato da subito». Ci cono adesso almeno cinquantasette sfumature d’azzurro che inducono a stracciare quel senso di ottimismo, e però anche di incompiutezza, che s’avverte dopo lo 0-1 del Milan, la cartina di tornasole di un malessere ciclico nel quale, come ombre, si riscoprono le sensazioni di aprile 2018 e il cosiddetto albergo di Firenze o anche, per restare tra i contemporanei, la delusione con l’Inter e pure quella con il Barcellona, frammenti di una stagione che resta nella sua autorevolezza. Se non ci fosse la pancia, che nel calcio ha un proprio ruolo, la ragione indurrebbe a leggere la classifica con slanci d’allegria: però quando Napoli-Milan è un boomerang ch’è andato a posarsi prepotentemente sulla giugulare, dalle frasi ad effetto di Spalletti si coglie pure il disagio d’aver (ri)scoperto le fragilità d’una squadra che in sette giorni muta il proprio codice genetico. «Non so se per certi appuntamenti ci sia un sovraccarico di tensione ma se giochi per la testa della classifica appartiene ai momenti che i calciatori si sono ritagliati per vivere serate del genere. E però se qualcuno non sa reggere a queste pressioni, allora bisogna spostarsi un po’ più in là». 

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Fonte: A. Giordano (CdS)

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