Doppio ex B. Giordano: “Il Napoli? Dopo Barcellona niente vittimismo. Che trio la grande MA.GI.CA”

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Cruijff del bomber di Trastevere disse:

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«È l’unico, tra i tanti eredi che mi hanno affibbiato, in cui mi sono veramente riconosciuto».

Maradona, invece, lo definì «il più sudamericano tra quelli nati in Italia».

Bruno Giordano aspetta Lazio-Napoli sapendo bene che non è per lui una partita normale. Non lo è mai stata. C’è tutta una vita che gli scorre davanti.


Cosa è stata la Lazio per lei? «La mia seconda casa. E lì ho conosciuto il mio secondo papà, che è stato Maestrelli: un vero maestro di vita che non sentivi mai alzare la voce, nonostante le bande che c’erano in quella squadra, e iniziò a seguirmi e darmi consigli fin da quando ero nel settore giovanile e pure dopo, quando la malattia gli impedì di vedere il mio esordio in serie A all’Olimpico».


E Napoli, invece, cosa è stato? «Una casa dove ho vissuto per poco ma a cui sono legato in maniera viscerale, per quello che mi ha dato, per lo scudetto del 1987 che non cambierei per cinque scudetti vinti a Milano o Torino. E perché mi ha fatto giocare nella Ma.Gi.Ca che ancora tutti, adesso, ricordano come il tridente più forte della storia italiana».


Sul profilo WhatsApp campeggia una foto in bianco e nero con Maradona. «Ha ragione Spalletti: giovedì sera Diego dal cielo tifava per il Napoli. Lui era uno scugnizzo vero, aveva questa città nel sangue, da Barcellona andò via in malo modo, senza rimpianti. Ne parlava poco e questo significava che non ne aveva buoni ricordi. Per me è stato un amico speciale non solo per le emozioni che ho vissuto in campo».


Lazio-Napoli: cosa le viene in mente? «Il sogno di vedere queste due tifoserie assieme, in una grande festa. E non capisco perché non sia possibile. Poi con la memoria vado al 21 aprile 84, quando rientrai in campo dopo un infortunio di 6 mesi. Un solo tocco e feci gol. E l’anno dopo, quando Diego mi fermò nel sottopassaggio e mi disse: Lo sai? La prossima stagione ti voglio al Napoli».


Come può uscire fuori Spalletti da questa delusione europea? «Fa rumore il modo con cui il Napoli è uscito ma il Barcellona l’altra sera avrebbe fatto 4 gol anche a una squadra di Champions. Ora quello che bisogna evitare è piangersi addosso. Ma in Europa certi errori che in Italia ti perdonano, lì li paghi a caro prezzo».


Tipo? «Sul primo gol: non ti puoi permettere un errore su calcio d’angolo quando hai davanti quei campioni. Non c’è tattica che possa contenere Jordi Alba quando si scatena».


Quanto sarrismo c’è in questa Lazio? «Mah, poco. Pochissimo. Va ancora a strappi, ma negli ultimi venti minuti con il Porto ha creato con i lanci lunghi. Non vedo più di tre o quattro passaggi poi le cose migliori le fanno in contropiede con Zaccagni, Immobile, Felipe Anderson. Ma Sarri è lontanissimo da quello che ha creato nel suo Napoli».


La corsa per lo scudetto? «Il Napoli c’è. Il problema sono gli infortuni. A Cagliari questo ha pagato. Non puoi sempre spremere gli stessi calciatori, puoi sopperire nel breve ma poi il prezzo lo paghi. È un campionato equilibrato, credo che la quota scudetto sia attorno agli 84-85 punti anche perché per la prima volta non ci sono ancora squadre già retrocesse. Anche Salernitana e Genoa possono credere alla salvezza».


Immobile o Osimhen? «Non riesco a mettere a confronto due attaccanti che hanno 10 anni di differenza. Ciro negli ultimi cinque anni ha dimostrato di essere il più forte d’Itala, mentre Victor per colpa dei continui stop fisici deve trovare continuità».


Come si riparte dopo lo schiaffo col Barcellona? «Senza fare vittimismo, riconoscendo la forza dell’avversario, senza pensare solo agli errori commessi. Anche nell’anno del nostro scudetto, abbiamo pareggiato tante volte in casa, ma ci siamo sempre rialzati senza darci per vinti. Ecco, questo è quello che deve fare il Napoli adesso. E sono certo che sarà in lotta per lo scudetto fino alla fine con Inter e Milan».


I fischi a Insigne? «Deve reagire, da uomo: deve capire che fa parte del gioco ma spero per lui che abbia già messo tutto in preventivo quando ha firmato a gennaio con il Toronto».


Si dice che non giocare ogni tre giorni sia come fare un altro sport. Lei che ne pensa? «È vero, ci si allena, ci si riposa, si recupera meglio. Ma se ci sono davvero calciatori felici per essere usciti fuori dall’Europa, allora accettino pure di vedersi dimezzato l’ingaggio. Se guadagnano certe cifre è anche perché si gioca con questi ritmi».

Fonte: P. Taormina (Il Mattino)

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