Amato oltre i colori ed i ruoli: l’ex Zoff ne fa 80 di anni

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Pertini, il suo compagno in quella partita a carte sull’aereo della presidenza della Repubblica il 12 luglio 82, gli chiese scusa con un telegramma dopo quasi un anno. «Avevo appena annunciato il ritiro e il Presidente scrisse che era colpa sua se avevamo perso contro Causio e Bearzot». Dino, mitico Dino, il ragazzone nato il 28 febbraio del 1942 a Mariano del Friuli che cominciò a respirare il grande calcio al San Paolo, indossando la maglia nera da portiere del Napoli. Arrivò nel 67 in una squadra che aveva progetti ambiziosi. Fu contagiato dalla passione dei tifosi. Era amatissimo, Dino, che rimase conquistato dai modi gentili dei napoletani. Un legame forte con tutti i compagni, in particolare con Totonno Juliano, il suo capitano. «Un uomo di grande personalità, una persona seria e perbene». Con Juliano avrebbe condiviso la gioia della conquista dell’Europeo 68. Capitano nella spedizione ai Mondiali dell’82, Dino non ha mai perso il contatto con la vita reale perché veniva da una famiglia umile. Il Capitano che alzò la Coppa nel cielo di Madrid e giocò poi a scopone con Pertini aveva fatto da ragazzo il meccanico per portare qualche soldo in una famiglia che si reggeva sul faticoso lavoro del padre, coltivatore della terra. Sedutosi sulla panchina della Nazionale nel 98 dopo Maldini, avrebbe chiuso l’esperienza nel 2000, trafitto più che dal golden gol di Trezeguet nella finale dell’Europeo contro la Francia dalle parole di Berlusconi, critico sui dispositivi adottati per marcare Zidane. «Non potevo accettare che qualcuno mi definisse indegno». Arrivato a Roma nel 90, è stato allenatore e presidente della Lazio, amato dal popolo biancoceleste anche se era stato portiere e tecnico della Juve. Sulla panchina bianconera visse una delle sue notti più amare al San Paolo, il suo vecchio stadio, quando il Napoli vinse il quarto della Coppa Uefa 89 con un gol di Renica, un difensore improvvisamente sbucato nell’altra area, al 119′. Quanto si arrabbiò quella volta il tranquillo Zoff.
F. De Luca (Il Mattino)

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