Spalletti non si nasconde e ricomincia da Cagliari: cerca 13 gioie

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Fasciarsi il capo non avrebbe senso. Non lo ha fatto mai, non inizierà certo adesso. «Però appena diciamo che siamo al completo, succede qualcosa…», scherza Luciano Spalletti, ma non troppo. Certo, se uno gioca a testa alta, senza timore contro Barcellona e Inter, non può più nascondersi. Per lo scudetto il Napoli c’è. «Iniziamo da domani. Voglio vedere la stessa squadra degli ultimi tempi. E quando dico questo, penso anche alla vittoria con il Venezia: non erano tre punti scontati. Come non lo sono quelli a Cagliari dove troveremo un avversario in salute e in sintonia con il carattere del suo allenatore. Un allenatore che qui a Napoli tutti conoscono bene». Non c’è bisogno di un traduttore quando invece parla dei suoi gioielli. Fa l’elenco di tutti ma poi si sofferma su due in particolare. «Koulibaly? Non ho più aggettivi per definirlo, li ho finiti. Se penso a quello che ha fatto a Barcellona, quello giusto potrebbe essere spaventoso: perché mi ha spaventato per le capacità di autorità che ha mostrato in quell’ambiente, per il tipo di partita, per come si è fatto trovare pronto e al punto giusto sempre». E poi le coccole per un altro ancora, Osimhen: «Neppure io riesco a capire fin dove può arrivare, questa cosa mi incuriosisce, mi affascina. Lui è semplicemente stratosferico, fa scatti di 40 metri e nessun avversario riesce a tenergli il passo. Poi però sbaglia il passaggio, il traversone ed è qui che deve crescere, ma è davvero molto vicino alla perfezione». Poi, ripropone un mantra: «Ci chiamiamo Napoli e dobbiamo proporre il nostro calcio: chi pensa che questa gara non abbia insidia è perché non ha mai giocato al calcio. Il Cagliari si è rinforzato ma per vincere dobbiamo giocare e essere allo stesso livello delle prestazioni di Inter e Barcellona». E infine la lotta per lo scudetto: «Noi vogliamo giocare sempre per il massimo. Non possiamo fare calcoli alla lunga distanza. Ora vorrei tredici gioie, tredici figate di quelle belle e di fila. Poi mi starebbe bene pure morire sportivamente».
P. Taormina (Il Mattino)

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