Esclusiva – M. Sarnelli (allenatore): “Ringiovaniamo il sistema calcio, con tutto il rispetto degli attuali dirigenti”
ESCLUSIVA – Intervista al mister Massimo Sarnelli, mister della SSC Capua, ed allenatore abilitato UEFA B, dell’andamento nel periodo pandemico e del sistema calcio attuale.
Mister come avete vissuto e vivete la situazione con il Covid?
“Credo che siamo in dirittura d’arrivo per la “normalità”, in quanto il vaccino ha aiutato parecchio a superare la situazione più preoccupante. Nello sport in particolare è stato un dramma in quanto lo stare a casa ha fermato l’obiettivo principale del calcio la socialità con i compagni e gli avversari. Con strascichi di problematiche psicologiche che ne sono derivate. Sperando che questo finale di stagione sia la ripartenza per il nuovo anno calcistico, così da proiettarci verso una definitiva normalità.”
Mister come si è evoluto il calcio nell’ultimo decennio?
“L’evoluzione calcistica è opinabile, in quanto siamo passati da un calcio strutturale, dove le performance, sia delle prime squadre che del settore giovanile, erano stabilite su standard di metodologie “a secco”. Diversamente oggi parliamo di lavoro aerobico, fatto con la palla ad alta intensità per simulare il più possibile la partita. Ovviamente la differenza di metodologia la fanno le categorie a cui appartengono i ragazzi ed adulti. Per fare un esempio più concreto i classici “gradoni” che si facevano, adesso si sono sviluppati con metodologie moderne.
Per quanto riguarda l’aspetto più tattico lì si può apprendere dai più grandi del calcio, passando da Klopp, Guardiola, Conte. Hanno idee calcistiche diverse ma sono tutte orientate alla verticalizzazione per l’arrivo più velocemente verso la porta avversaria. Più giorni passano più ci si sposta dal famoso tiki-taka, alla verticalizzazione del gioco. Seppur è sempre un aspetto meramente soggettivo, in quanto ognuno può avere la sua idea calcistica.”
Quanti e quali altri passi si potrebbero fare per migliorare il sistema calcio?
“Il primo passo è quello di sradicare i “vecchi” del calcio, non che non abbiano gestito bene. Ma ringiovanire il sistema calcio, aggiornando quelle che possono essere le così dette nuove leve.
Partendo, magari, già dai corsi dei settori tecnici, dove molto spesso si trovano corsi con un età molto avanzata e con concetti calcistici obsoleti. Così da mettere in atto nuovi format a partire dal settore scolastico fino al settore giovanile; dove questi sono limitati dai troppi vincoli e burocrazia, quale ad esempio lo svincolo per passare ad un altra società. In quanto l’ente FIGC dovrebbe essere l’ente primario per lo sviluppo del calcio giovanile, ma purtroppo non lo è. O quantomeno dovrebbe monitorare il territorio e vedere gli sviluppi che portano gli enti privati e aiutarli nella gestione.”
Come reputa l’attuale calcio giovanile nazionale, regionale e provinciale?
“Mi ricollego un po’ a quanto detto in precedenza, c’è bisogno di nuovi format dei campionati, in tutti i livelli, nazionale, regionale e provinciale. In quanto lasciano degli strascichi un po’ negativi sui ragazzi che magari non vengono seguiti, in quanto un ragazzo che può esser pronto per fare la categoria regionale, si trova a fare la categoria provinciale e così via. In quanto poi le spese economiche che ricadono sulle società poi rispecchiano anche parte del lavoro che viene svolto. Uno dei problemi principali è la presenza di troppe società calcistiche e ciò fa sì che i ragazzi si “disperdono” nelle stesse; così poi da non fare il salto di categoria. Una soluzione potrebbe essere di limitare un numero di società per territorio con dei requisiti essenziali, in quanto oggi gestire una scuola calcio lo può fare chiunque.”
Ci descriva un aneddoto che ricordi con piacere?
“Ci sono molteplici aneddoti, ma in particolare ricordo molto i rapporti interpersonali che nascono grazie allo sport. Nel calcio ci sono stati dei legami indissolubili che sono usciti anche al di fuori del campo di gioco; sia tra colleghi, ma soprattutto con i ragazzi. Questi ultimi nel finire il loro percorso calcistico giovanile sono riusciti ad approdare tra i professionisti. Con continui aggiornamenti del loro status da calciatore, anche per rendere partecipe chi è stato importante per il loro percorso. Sono fermamente convinto che questo sport di aggregazione è importante per avviare i ragazzi non solo allo sport, ma anche nella vita quotidiana. I ricordi sportivi invece sono più legati al settore giovanile, ma per me il vero risultato è quello di restare su un livello calcistico alto; lì dove non è facile stare se non si sa gestire con equilibrio campo e rapporti interpersonali.”
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Intervista esclusiva a cura di Antonio Pisciotta
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