Varaldi: “La mia carriera è stata condizionata dall’essere una plusvalenza”

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A Radio Punto Nuovo, nel corso di Punto Nuovo Sport, è intervenuto Marco Varaldi, ex Milan e Inter:

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“All’epoca non c’era la percezione di cosa fosse la plusvalenza. Milan e Inter sono stati precursori in un certo senso. Ho fatto il portiere all’Inter, cinque anni di cui gli ultimi due come terzo portiere, ero aggregato alla prima squadra, ho fatto le Nazionali giovanili con Amelia. Abbiamo avuto un percorso più o meno simile, poi io faccio il terzo portiere all’Inter e lui alla Roma. Per farci le ossa io sono andato al Giulianova e lui al Livorno. Ero il portiere più giovane della categoria, lui invece si era ritrovato titolare l’anno successivo in Serie B.

Alla fine della stagione, ho ricevuto la chiamata da Ausilio, che mi ha presentato la possibilità di andare al Milan. Gli ho chiesto il perché mi mandasse via, un giocatore nel giro della nazionale giovanile si aspetta di rientrare nel club in cui è cresciuto. Lui però si è messo di traverso e non ho problemi a dichiararlo, dato che l’ho già fatto agli organi competenti. Mi disse che non mi sarebbe convenuto mettermi contro Inter e Milan.

Nel caso in cui l’avessi fatto avrei potuto solo puntare a diventare un buon impiegato o un assicuratore. La spiegazione da parte sua era che avevano i loro vantaggi, io ne avrei avuti altri. Ho potuto tergiversare un paio di giorni, visto l’atteggiamento di traverso della società Inter (perché il Milan non mi contattò). Ausilio all’epoca era dirigente nel settore giovanile dell’Inter e si occupava del piazzamento dei giovani. Non fu una trattativa, meglio fu un’imposizione.

Poi è successo che l’allenatore dei portieri che avevo a Giulianova andò a Salerno e mi contattò per andare lì (la Salernitana scese in C). Andai da Braida (dopo esser arrivato al Milan) che mi disse ‘Hai già rotto le scatole. Ti abbiamo già promesso al Legnano in C2’. Perché dovevo scendere ancora di categoria? Mi rispose che era così, lo volessi o meno. Contro il Napoli in un triangolare mi strappai sette centimetri e quell’anno finii con zero partite in C2. Il problema sovviene l’anno dopo: il direttore sportivo del Legnano mi consiglia di andare a Biella, nel girone d’andata sono titolare e a gennaio mi vuole la Triestina in Serie B.

All’epoca il prestito non era molto gradito, le società puntavano alla comproprietà così da riuscire ad andare quantomeno alle buste, guadagnarci. Quell’anno non si fece il trasferimento perché il mio cartellino costava troppo. Cannavaro passò dall’Inter alla Juve per 6 milioni di euro, io ne valevo 3,5. Rimasi a Biella, non potevo muovermi. Quando vieni inserito nel discorso plusvalenze perdi di valore perché vieni visto solo come una pedina per i bilanci. Forse non ero un fenomeno, ma di non fenomeni ce n’erano tanti. Se fossi stato scarso non avrei fatto le Nazionali, quindi potevo fare di più.

Di occasioni me ne ero ritagliate, però non è stata fruibile per colpa d’altri. Il caso è stato anche indagato dai pm, le società di cui stiamo parlando hanno ricevuto anche una condanna. La mia carriera è stata condizionata dall’esser stato inserito in questo giro di plusvalenze.

Donnarumma? Un fenomeno, ha avuto la capacità di esordire a 16 e reggere una piazza come quella di Milano a quell’età. Ha vinto un Europeo e ha dimostrato grande maturità. Maignan è un gran portiere, veramente forte, ma Donnarumma resta ancora più forte di lui. In un discorso di economie il Milan ha fatto un grande colpo”.

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