Vede rosso(blu) e si infuria, Dries Mertens. E da falso nueve ritorna ad essere centravanti vero. E se in quattordici partite gli sono venuti naturali undici gol, allora vuol dire che la sua è proprio un’attitudine e che si sviluppa in quell’ora e mezza. Napoli-Bologna e viceversa, tutto ebbe inizio nel maggio del 2016, Mertens non era ancora una prima punta, ma si prese il pallone e se lo portò a casa. Stava nascendo, nel suo piccolo, una leggenda, e nessuno se ne era seriamente accorto: ma quando partì Higuain e il suo erede, Milik, dovette fermarsi dolorosamente, un bagliore ispirò Sarri e la storia cambiò. A maggio saranno trentacinque e bisogna aver rispetto dei muscoli e della resistenza di un eterno bambino. Contro la Fiorentina, solo giovedì, oltre ad una perla, due ore di straordinari. L’età non può essere guardata con gli occhi languidi dei romantici e stasera, a Bologna, ci sta che la sua partita inizi dalla panchina. È un’ipotesi, appartiene all’esigenza d’evitare i pericoli dell’acido lattico e di eventuali impedimenti muscolari: e il part-time, nel 2021, non sa di affronto ma di necessità a cui aggrapparsi, per durare e resistere.
CDS