Amarcord – Rubrica di Stefano Iaconis: “Il furto del birraio”

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L’ uomo nero ha un nome e cognome a Napoli. E, come è vero che tra la classe arbitrale ed il Napoli non sono sempre state rose e fiori, se si fa il nome di Matthewson, un birraio inglese, anonimo e sconosciuto, un brivido freddo corre lungo la schiena di tutti quei tifosi che ancora hanno nella memoria la sera del 20 aprile 1977. A Bruxelles. Semifinale di Coppa delle Coppe, contro l’Anderlecht. Quello di Thissen, Arie Haan e di Rensenbrink. Uno a zero per il Napoli, a Fuorigrotta, il gol di Bruscolotti nel delirio di ottantamila. Un gol restato famoso nel tempo. All’ “Emile Verse” di Bruxelles, in un clima da battaglia, gli azzurri si presentarono senza paura. Mi ricordo di quella partita come fosse appena ieri. Me ne stetti per 90 minuti inginocchiato dinanzi ad un televisore con le manopole ed i pulsanti, la bocca spalancata dallo stupore di vedere il mio Napoli in uno degli stadi più affascinanti dell’epoca. Contro una delle squadre più forti e formidabili d’Europa. Il mio piccolo, lillipuziano Napoli, contro i Gulliver belgi. Arbitro Matthweson. Mi ricordo il cuore che scalò un battito all’ingresso in campo. Nel vedere le maglie azzurre prendere posizione sul terreno, nel tifo assordante di un intero stadio vestito di bianco malva. Noi piccoli, quasi degli intrusi al cospetto della storia delle coppe europee di football. Loro abituati ai balli dei mercoledì notte, quelli nei quali si scrivevano leggende. Mi ricordo quel gol di Speggiorin, subito, dopo nemmeno due minuti. Nei quali il mio Napoli, senza alcuna paura, si impossessò della metà campo belga, facendo la partita. Iuliano che batte una punizione, Savoldi che fa la sponda, Speggiorin che, di sinistro, in mezzo controbalzo, infila la porta dell’Anderlcht. Mi ricordo il mio urlo strozzato, la corsa a braccia levate, in un lunghissimo corridoio ancora inondato dalla luce crepuscolare dell’allegro sole di aprile. Ricordo la voce di mio padre che grida : “Lo ha annullato”. La corsa stavolta a ritroso, verso il televisore, il nuovo rimettermi in ginocchio, cercando di capire, mentre un nugolo di maglie azzurre circondano l’arbitro. Ma è solo un attimo. Mi ricordo il replay. Un replay scialbo, insignificante il replay di una sola telecamera, la stessa, che non chiarisce nulla. Niente Var. Niente altra angolazione. Niente auricolari, immagini a supporto. Il gol del Napoli, il gol di Speggiorin, che obbligherebbe il grande Anderlecht a segnarne tre, per andare ad incontrare l’Amburgo in finale, viene annullato. Resterà uno dei più grandi misteri della storia del calcio moderno. Perchè quel gol era regolarissimo. E, quella sera di Bruxelles, il Napoli, condannato dal blasone dell’avversario, subì uno dei più clamorosi furti della storia di questo sport. Mi ricordo, come in trance, Esposito colpire un incrocio dei pali, con un tiro cross velenoso. Ancora Speggiorin, lanciato millimetricamente, essere fermato per un fuorigioco inesistente. Poi mi ricordo il gol di Thissen. Al ventesimo. Il gol che spezza i sogni del Napoli. Un colpo di testa imperioso che spazza via le paure di uno stadio intero. Mi ricordo il raddoppio di Van der Elst, ancora di testa, sotto misura, dopo poco dall’ inizio del secondo tempo. E mi ricordo la rabbia, al fischio finale dell’ uomo nero, il birraio inglese che ci manda a casa. Nello sgomento degli azzurri. Mi ricordo Pesaola furioso. Iuliano inconsolabile. Vinazzani tenuto a forza. E mi ricordo di essere rimasto in ginocchio, dinanzi a quel televisore con le manopole ed i tasti, per un tempo lunghissimo. Mentre scrivo, sono di nuovo lì. In quel crepuscolo di aprile. In ginocchio. Con le stesse lacrime che scendono.

Factory della Comunicazione

di Stefano Iaconis

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