Zola al CdS: “Diego quanto mi manchi, ogni giorno penso a Maradona!
«L’unico a mettere d’accordo chiunque. Con la numero 10 e con il sinistro, disegnava capolavori mai più visti. Non riesco a raccontare quante volte io – in una giornata – mi fermi a riflettere su Diego, che mi ha segnato. Mi manca, non accetto che non ci sia più ma siamo impotenti e dobbiamo solo piegarci a quello che ha deciso il destino. Però è stato il più grande di tutti, senza discussione».
«La magia di quel mondo è tutta sua. C’è una atmosfera che conquista e il calcio sta aiutando chiunque a lasciare da parte, per un poco, le preoccupazioni. Il City è fantastico: da uomo di campo, come giocatore e poi come allenatore, dico che è frustrante giocare contro di loro. Rientrano in una categoria speciale e a parte e il merito è innanzitutto di Guardiola. Ogni tanto, come contro il Leicester, si prendono qualche rischio, ma sono strepitosi».
Ma Zola si sta divertendo anche con il calcio italiano?
«Molto, anzi moltissimo. E’ migliorato il livello di gioco, si insegue la vittoria attraverso il gioco e questa secondo me è la strada giusta. Poi ognuno ha la propria strategia, ma ce ne sono state – e diverse tra loro – che hanno un senso».
La fuga dell’Inter la insospettisce?
«Per ora è ancora una fughina, direi. Ma è pure un’indicazione sulla forza di una squadra che Inzaghi ha personalizzato sfruttando l’enorme e splendido lavoro di Conte. Le fondamenta le ha buttate giù Antonio, che ha pure vinto, poi Simone è intervenuto con intelligenza, ci ha messo parecchio di suo ed ha confermato ciò che si sapeva di lui, e cioè che è bravissimo. Ma complimenti anche a Marotta e ad Ausilio, perché ceduto Lukaku e Hakimi e dovendo rinunciare a Eriksen, sono andati a comprare uomini simili a quelli dai quali si erano dovuti separare».
E’ ancora uno scudetto a più piazze?
«Diciamo che le prime tre sembra abbiano qualcosa in più, ma io ci aggiungo Atalanta e anche Juventus. La stagione è lunga, le difficoltà arriveranno, le coppe incideranno e ahimé anche il Covid potrà fare la sua parte. Credo in Gasperini e nel suo modo di giocare; credo in Allegri che ha impiegato del tempo per dare una identità alla sua Juve, adesso capace di andare a pressare in avanti. C’è ancora molto da dire e da fare, prima che si chiuda il discorso».
«Sono entrate entrambe in una dimensione differente, per le quali è necessario aver fiducia e comprensione. So cosa significhi immergersi nel calcio di Sarri, occorre partecipazione, e mi aspettavo, vista la natura stessa della squadra e le sue abitudini, che qualche difficoltà la incontrasse. Ci può stare, fa parte del percorso di crescita, come per la Roma di Mourinho, che è una garanzia. Ha giocatori di talento, penso su tutti a Zaniolo e a Pellegrini e a Tammy Abraham, ma non si modella un ciclo in pochi mesi. E in quest’epoca così rovinosa, spesso ci si trova a dover fare i conti con il virus o con incidenti che ti frenano».
Ma è una serie A che attrae.
«Per settimane, il Napoli di Spalletti è stato di una bellezza spaventosa, sembrava quasi invincibile. Aveva tutto quello che si può chiedere ad una squadra. E poi anche l’Atalanta o il Milan. Ma nulla è per sempre ed inconvenienti ne hanno avuti tutti. Adesso è il momento dell’Inter, non subisce gol e ne segna quanti gliene servono o in abbondanza. Ha trovato uno splendido Calhanoglu e pure Dumfries, per dire, fa sentire la propria voce».
La sua sofferenza si chiama Cagliari.
«E non ha idea, non può immaginare, quanto stia male. Non è neanche semplice farsene una ragione, visti i giocatori in organico: tra Joao Pedro e Nandez, tra Marin e Carboni – e mi fermo a questi quattro – è racchiusa tanta forza. Mentre invece stanno emergendo, per adesso, solo le debolezze».
Questo calcio moderno cosa dice a Zola?
«Che i cinque cambi sono una risorsa per i ricchi, perché andatelo a spiegare ai club medi-piccoli che ci sono i cinque cambi: questi sono privilegi per chi ha organici extra-large. E’ vero, le coppe e le partite ravvicinate appartengono alle grandi, ma comunque poter disporre d’una rosa abbondante è un aiuto rilevante. E quanto alle novità tattiche, su qualcuna si è un po’ romanzato: la costruzione dal basso è apprezzabile, dimostra autorevolezza e padronanza del palleggio, però si può anche fare altro, per esempio evitare la pressione andando oltre la prima linea. Invece, a volte, si tende a demonizzare, come riflettevo con Fulvio Marrucco, mio amico e manager».
«Non nascondo l’assoluta ammirazione in Messi».
Al quale avrebbe dato il pallone d’oro?
«Mi pare che – con onestà intellettuale – ha dichiarato che non se lo sarebbe assegnato neanche lui. Io avrei premiato Jorginho, per quello che ha ottenuto con il club e con la Nazionale».
A proposito di 10, ne sono nati un po’ ma sembrano geneticamente modificati.
«I Baggio, i Totti, i Mancini e i Del Piero erano diversi, sono d’accordo».
Ci può mettere anche Zola?
«Ringrazio e con piacere mi aggiungo. Oggi c’è un riferimento tattico diverso, quasi una centralità meno evidente: forse Dybala si avvicina di più al prototipo, direbbe l’Avvocato è un nove e mezzo; ma Insigne è un dieci che ama stare largo; Luis Alberto sta tra le linee; Zaniolo e anche Pellegrini sono più centrocampisti; Calhanoglu mi sembra stia facendo bene eppure non rientra del tutto nella categoria. Però, conviene dirlo, sono talenti che ti cambiano le squadre e anche le stagioni».
Consiglio a Insigne.
«Non è da me. Mi auguro che continui ad esser protagonista del Napoli, ma nel merito di una vicenda personale non si può entrare».
Incredibile ma vero: rischiamo il Mondiale.
«Sarebbe un delitto, ma non perché l’Italia dovrebbe accedervi per diritto divino. Dopo un Europeo di quello spessore, vinto giocando in maniera così elegante, mi sembrerebbe un sopruso della sorte. Andiamo agli spareggi per aver sbagliato due rigori e con un calciatore di una affidabilità quasi totale, come ha dimostrato prima e dopo quelle due esecuzioni. Io in Mancini e nei suo ragazzi non ho mai smesso di credere, so quali possano essere le insidie della cruda realtà: a volte un episodio è fatale. Ma possiamo farcela».
Ce l’ha un calciatore di riferimento, oggi, Zola?
«Tutti quelli che rappresentano lo stile, la bellezza. Penso a Messi ma potrei dire De Bruyne, mi perdo con Insigne e anche con Dybala e con Mertens, potrei citargliene altri, e ce ne sono tanti. Il talento mi rapisce».