Spalletti: «Non è facile controllare Ibra. Bravissimi Rrahmani e Juan Jesus»
Il Napoli-2, che poi è figlio del Napoli-1, svela i segreti d’un calcio che va allargando i suoi confini: quando manca il talento, o ne è rimasto il resto, si continua a giocare, «diversamente», senza smarrire la propria natura ma infarcendola d’«altro», d’un carattere e di una personalità che può riempire una notte intera con l’umiltà. Fuori Insigne e Koulibaly, Osimhen e Fabian Ruiz, Mario Rui e, ovviamente, anche Manolas, generosamente liberato per andare in Grecia, e spazio al Napoli-bis, sottraendogli, a sorpresa, anche Mertens, «rischiando» sul coraggio di Petagna, e provando dalla panchina a spedire un messaggio. «Vinciamola assieme». Quando Luciano Spalletti ha costruito il suo miracolo a Milano, l’ha fatto partendo dal concetto-base:
«Noi sappiamo giocare e ci abbiamo provato stavolta con il carattere».
Per novantasei minuti, in quel palleggio meno pronunciato, il Napoli ci ha infilato la sua ferocia, una dedizione assoluta e totale e poi il cuore che Spalletti ha sentito pulsare: «Siamo soddisfatti, ovviamente, per la vittoria. Era una gara difficile, lo sapevamo, ma l’abbiamo affrontata con piglio, con spessore: abbiamo sofferto un po’ nel finale, quando il Milan, con Giroud e Ibra, ha fatto valere la propria fisicità, ma ci sta».
«CHE SQUADRA»
Visto ch’era stata già «bandita» la cultura degli alibi, Spalletti ha provveduto a diffondere quella del sacrificio ad oltranza, d’un rigore tenuto vivo sino al 96′, d’una volontà d’acciaio che ha consentito al Napoli di rialzarsi, dopo un periodaccio in cui la sorte è stata la nemica odiatissima, ignorata da Spalletti. «Abbiamo giocato da grande squadra contro un grande avversario. E un allenatore non può che essere felice, quando riceve risposte del genere dai propri calciatori. Nessuno si è tirato indietro, neanche per un attimo, e chiunque ha provato ad offrire il proprio contributo. Avrei voluto tenere ancora qualche minuto Petagna, ma gli sono venuti due volte i crampi».
E a quel punto, nel finale arroventato, senza indugi né compromessi, dopo aver applicato il proprio personalissimo turnover a partita in corso, l’ultima deviazione: la difesa a 3/5, però evitando (ovviamente) di rinunciare. «Juan Jesus e Rrahmani sono stati bravissimi. La partita l’abbiamo tenuta in mano abbastanza bene e non era semplice controllare Ibra. Ma abbiamo tentato anche, con Ounas, di tener palla, per ripartire e far male. Il Milan si è un po’ aperto per giocare le palle lunghe, mi sembrava gli mancasse un po’ di forza al centro». La panchina lunga eccola là, s’intravede quando entra Lobotka («ci ha dato una mano nello stretto»), il resto è stato concentrato nella autorevolezza di un Napoli scapigliato, che Spalletti ha apprezzato. «A volte la maglia diventa di piombo. Alcune partite le abbiamo perse immeritatamente e invece il nostro atteggiamento ha fatto la differenza». E sulla diapositiva della sera, c’è il «suo» Vesuvio in lontananza. «Ma questa volta non si tratta di una cartolina».
Fonte: CdS