Sarà stata la mano di Diego, insieme al piede di Mertens, ma nella sera dell’omaggio alla memoria d’un Fenomeno si vedono i 90′ stagionali più belli. In 29′ minuti, quelli iniziali, il Napoli fa ciò che vuole con una naturalezza sgargiante, si prende il campo, il pallone e la partita, sommerge la Lazio in ogni angolo del campo e quasi non avverte l’assenza di Osimhen, Anguissa e Politano. La Lazio è stordita, barcolla sull’1-0 di Zielinski (7′), che nasce da una percussione di Lozano e cede nella verticalità sull’asse Insigne-Mertens, germogliata dalla coralità della manovra nei suoi 21 passaggi e sublimata dallo slalom dello scugnizzo belga. La Lazio non riesce mai ad uscire dal basso e per arrivare (raramente) lassù ha bisogno di strappi, non del football di Sarri, ma quando Mertens, riconoscente e “ingrato” verso il suo “mentore” Sarri, attinge dalla propria genialità la magìa d’un pallonetto che sa d’arabesco, la Lazio intuisce ch’è finita prestissimo, o forse non è mai cominciata.
Le seconde palle sono di Lobotka o di Fabian, l’ampiezza è del rapace Di Lorenzo e di Mario Rui nella costruzione e di Lozano e Insigne nella intraprendenza offensiva. È la consapevolezza della propria “leggerezza” a lasciare il Napoli nella metà campo della Lazio, prendendosi ogni gioia con il “tiraggiro” di Fabian Ruiz (40′ st) che disegna una parabola bassa, capace però d’arrivare al cuore d’uno stadio che alza lo sguardo al cielo: chissà cosa c’è scritto nel futuro?
CdS