L’ex arbitro Pieri: “Il rapporto tra direttore di gara e Var può essere condizionato se…”

«VA CAMBIATO IL PROTOCOLLO, ORA SERVE TRASPARENZA»

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«Il rapporto tra arbitro e Var può essere pesantemente condizionato dalla poca personalità di chi è alla macchina, soprattutto se chi è in campo ha uno spessore importante»: Tiziano Pieri, ex arbitro e oggi commentatore Rai, non ci gira attorno, entrando nel dibattito dopo gli episodi in Roma-Napoli ed Inter-Juve.
Può starci anche che sia l’arbitro centrale ad avere un deficit di personalità rispetto al Var? «Potrebbe esserci una personalità eccessiva al Var, ma c’è un protocollo che rende complessa un’eventuale ingerenza eccessiva. Inoltre, ogni arbitro viene bombardato nella sua crescita fin da ragazzino con messaggi chiari: Devi essere perentorio! Devi esser risoluto. Ed è vero: se hai un atteggiamento molle, non vieni accettato».
Mariani ha applicato questa strada in Inter-Juve? «Mariani, dopo aver fatto ampi cenni, ha messo il fischietto in bocca. Se metti il fischietto in bocca è perché hai un dubbio, fai iniziare a lavorare il cervello. La cosa più giusta sarebbe stata quella di evitare la gestualità: oggi, con il Var, non hai bisogno di esser convincente attraverso un segno fatto con le braccia. Va eliminata queste gestualità di troppo. Perché se poi il Var ti chiama, rischi: puoi aver visto male e dopo esser stato contraddetto, si fa più dura controllare la gara».
Ha ragione Rocchi, la Var è da oliare? «È un meccanismo da oliare per dare certezze a chi sta in campo, sugli spalti e nel rapporto con i mass media. Il decisionismo eccessivo può diventare un boomerang. Inoltre, il Var può aprire una strada per la trasparenza: quella di far ascoltare le comunicazioni che ci sono tra chi è alla macchina e chi sta in campo».
Perché non viene fatto? «Non dipende solo dagli arbitri, penso che sia una decisione presa con la Lega e Federcalcio. Servirebbe come passo fondamentale per la trasparenza e un’apertura verso l’esterno. Deve essere, poi, il designatore a parlare con i media. Ci sono arbitri che potrebbero non esser pronti per un confronto con i media, ma il designatore ha già dimostrato di poter svolgere questo ruolo. C’è, poi, un altro aspetto fondamentale».
Quale? «Il protocollo, ormai, ha fatto il suo tempo: va cambiato. Si tratta di un protocollo stilato quando ancora il Var era off line. Questo protocollo fa acqua: il chiaro ed evidente errore sta assumendo una valenza troppo soggettiva. L’idea era quella di evitare gli errori grossolani, ma ora è diverso: l’uso non può esser così limitato».
Gli arbitri sono permalosi o gli allenatori sono maleducati? «Credo che la verità sia nel mezzo. Sono stato in campo, gli allenatori non si rendono conto di quello che dicono, presi dalla trance agonistica. Tecnici come Conte, Gasperini e Mourinho sono difficili da gestire, anche per il quarto uomo. L’allenatore può offendere senza neppure accorgersene. Mettiamo un microfono accanto alle panchine, così chi sta al Var ascolta e stabilisce se c’è una contestazione che è andata oltre ed anche il giudice sportivo può usufruirne per stabilire se c’è da sanzionare o meno».
Anche Spalletti andava espulso? «Lì c’è stata un’ingenuità. Ma, quando Gasperini dice che sono gli arbitri che ci devono mettere la faccia, non sarebbe più giusto spiegasse da solo cosa ha detto ed il motivo della sua espulsione? Forse, si».

Factory della Comunicazione

M. Giordano (Il Mattino)

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