Dopo aver sentito che il suo calcio aveva bisogno (principalmente) di spazi larghi, Victor Osimhen è uscito da quel micro-universo denso di frasi fatte, fors’anche di pregiudizi, ha preso il pallone e si messo giocherellare come un artista sublime. E in quella serata, a Leicester, ha fatto altro: ha aspettato che Politano si concedesse ad una parabola, ha staccato, è rimasto in aria come in un terzo tempo, e poi ha sistemato la capocciata all’incrocio dei pali. Giovedì 16 settembre, non poi chissà quando. Ma c’erano ancora dubbi e pregiudizi, enormi interrogativi, forse figli del rosso con il Venezia e dell’ impazienza, ma Osimhen, nella passata stagione, con tutto quello che il destino gli aveva riservato, era riuscito ad arrivare a dieci gol. E si era imposto subito: a Parma, alla prima, stappando una partita complessa; con il Genoa, partecipando lateralmente alla goleada; con l’Atalanta, in una vittoria imponente. Insomma, Osimhen già c’era, adesso ha deciso di fare anche altro.
CdS