Spalletti trasmette idee, col collettivo che omaggia l’individuale

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Il Napoli in questo momento è una goduria, un piacere per gli occhi di chi ama il calcio, non solo dei napoletani. Non sappiamo quanto potrà durare, sappiamo però che il suo calcio ha raggiunto livelli di spettacolo paragonabili a quelli dell’epoca di Sarri, toscano come Spalletti. È curioso questo legame tosco-campano, nelle stagioni di De Laurentiis i tre allenatori con cui questa squadra ha dato il meglio di sé, Benitez a parte, sono toscani, prima Mazzarri da San Vincenzo, poi Sarri da Figline, ora Spalletti da Certaldo.

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Il passato di Spalletti

Luciano forse è cambiato, gli anni dell’Inter e soprattutto quelli successivi di sosta volontaria (e di riflessione) gli hanno tolto qualche urgenza che sentiva dentro, l’urgenza di dimostrare il suo valore. Il suo calcio no, non è cambiato. È passato attraverso moduli e schemi, ma non si è mai inclinato verso la difesa. Chi ricorda il suo primo Empoli, che a metà anni Novanta portò dalla Serie C alla Serie A con salvezza inclusa, l’Empoli di Pane regista e Martusciello (il vice di Sarri: c’è sempre un filo rosso che riconduce alla Toscana) finto centravanti, alla Totti…, può rintracciare qualcosa nel Napoli di oggi.

C’è la stessa voglia di arrivare al risultato col gioco, con la trasmissione delle idee, col collettivo che omaggia il talento individuale. Se il Napoli ha dei giocatori da 7, oggi ha un gioco da 7,5. Quando Spalletti ha accettato l’offerta di De Laurentiis sapeva di avere a disposizione una qualità notevole e ci ha puntato forte. È lo stesso Napoli di un anno fa più Anguissa. È una squadra curata nei dettagli, l’ossessione di questo allenatore dalle mani callose (quanto gli piacciono i campi da coltivare) e dal pensiero fino.

Cosa ha dato ai calciatori oggi?

Ha dato consapevolezza ai giocatori, basta vedere Fabian Ruiz, il suo modo armonico di guidare la manovra, il forte senso di responsabilità collettiva che avverte, per capire il nuovo Napoli. Gli mancano ancora giocatori preziosi come Demme Mertens, gli manca ancora il vero Zielinski, forse ha appena recuperato (con la splendida rete di Udine) il miglior Lozano e sta aspettando di far esplodere definitivamente Ounas: quando li avrà tutti al massimo lo spettacolo farà un altro salto avanti. Cinque partite, compresa quella straordinaria di Leicester, e il primo posto a punteggio pieno in campionato possono diventare la premessa di una grande stagione.

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Fonte: CdS

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