Ci sono notti che valgono per l’eternità e il destino stavolta ha deciso che per questa quattrocentesima sfida che Insigne giocherà con se stesso ci sia proprio Napoli-Juventus. La quattrocentesima partita con il Napoli, la narrazione d’un miracolo costruito attraverso il sacrificio e l’umiltà, prendendo a spallate i luoghi comuni e pure la genetica. In quel giovanotto che ha portato a spasso il proprio talento, plasmato e semmai indirizzato da Zeman, ora s’allunga un uomo tutto d’un pezzo, un leader a volte silenzioso e altre no, che sa cosa fare della propria esistenza e come abbellirla, almeno adesso. E Napoli-Juventus, inevitabilmente, diventa (soprattutto) la sua partita, la ventiduesima sfida personale, nella quale c’è il senso di responsabilità e pure l’autorevolezza per ribellarsi agli sgambetti della sorte. Ci sono pure centodieci gol che fungono da sottofondo a questa sua imperiosa cavalcata a ridosso delle leggende. Non è stato facile vivere da Insigne, mentre intorno la fiducia diventava un optional da conquistare continuamente, attraverso un dribbling o un assist, una volée o un cucchiaio. Insigne ha riempito questo decennio di sè, l’ha percorso scansando le insidie normali d’un calcio che, come nella vita, fatica a perdonarti il successo. Attraverso le sue pennellate, quel ragazzo che voleva avere qualcosa del Pinturicchio (Del Piero) è riuscito a diventare il Magnifico. A Napoli. Con il Napoli. Di Napoli.
Cds