È voluto tornare dove tutto è cominciato. Nel campetto in terra battuta della periferia di Lagos, a Olososun. Osimhen è lì che gioca a calcio con la maglia del Napoli. Una partita, la sua, vinta con il destino. Su quel campo dove corre e lotta non c’è un filo d’erba. Altro che gli stadi d’Europa o Maldive o chissà quale posto incantato dove uno come lui poteva trascorrere le sue vacanze. È la voce della sua infanzia, che lo richiama lì. Ed è un richiamo a cui non si può resistere. Quando firma autografi stavolta ha la mascherina. Corre, Victor. E si diverte col pallone. Non pensa a nulla: né alla spalla, né al braccio né a nulla. Gioca come se fosse la cosa più normale al mondo. Victor ha nelle viscere questa terra. La sua Nigeria, la sua Africa. Non ha paura di nulla. E queste foto ricordano Maradona quando nell’inverno del 1985, pur avendo il Napoli che gli aveva detto di no per paura che si potesse far male, accettò di giocare una partita su un campo che stava persino peggio, perché aveva piovuto a dirotto, ad Acerra, invitato da Pietro Puzone per raccogliere fondi per un bimbo che doveva operarsi. Di tasca sua, Diego, spese 12 milioni di lire, per assicurarsi e poter giocare. Ecco, Osimhen con la sua semplicità ha fatto venire in mente proprio il gesto del Pibe de oro
Il Mattino