Fabio Capello chi resta fuori dalla Champions?: “Penso che il Napoli ce la farà”

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Fabio Capello intervistato da Marco Evangelisti sulla lotta Champions che verrà decisa stasera tra Milan, Napoli e Juventus per due posti: «La Juventus in questo momento è forte. Ha trovato morale, ha trovato il gioco, ha trovato la squadra. La vedo molto bene. Al Milan è venuto il braccino quando doveva vincere. Però è in trasferta e si trova meglio, affronta una squadra come l’Atalanta che vuole sempre giocare e in queste situazioni la squadra di Pioli si trasforma. Ho fiducia nella Juve e ho fiducia anche nel Milan, spero si apprezzi questo discorso». 

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Sottile e ambiguo.  «Ma è ciò che penso. Il Milan migliore si vede nei confronti a viso aperto. Ha avuto problemi contro avversari che si chiudono in difesa. Soprattutto quando è venuto a mancare Ibrahimovic». 

L’Atalanta sarà la solita anche dopo la sconfitta contro la Juve in Coppa Italia? Oppure sentirsi costretta ad arbitrare la volata per il posto in Champions la condizionerà? «L’Atalanta di Gasperini è una macchina, carburata e automatica. Ha un sistema e un atteggiamento. La performance ci sarà. Le delusioni tuttavia si sentono, consumano energie, questo è vero». 

Peserà la maggiore esperienza della Juve? Il Milan tutto sommato è molto giovane.  «Sì, ma più che altro la differenza sta nel fatto che la Juve era stata costruita per vincere il campionato».

Par di capire che il Napoli a suo avviso non avrà problemi, invece. «Gioca in casa, dovrebbe vincere. E’ vero che il Verona è organizzato, ha un sistema di gioco preciso e assorbito dai giocatori. Non difende benissimo e si troverà davanti giocatori d’attacco molto in forma. Penso che il Napoli ce la farà».

Tre squadre in corsa, tre allenatori in bilico. Magari succede che chi va in Champions resta dov’è e chi sta fuori salta.  «Bah. Se dopo un anno non si è ancora riusciti a valutare il lavoro di un allenatore non so che cosa parliamo a fare di calcio. I dirigenti conoscono la materia che trattano? Possibile non siano in grado di capire se un tecnico vale o non vale? Al netto di problemi di incompatibilità caratteriale, che sono tutto un altro discorso».

E Pirlo vale? «Pirlo ha fatto il rodaggio e rodandosi ha perso tempo. Passare da giocatore ad allenatore significa cambiare totalmente mestiere. Dato che lui non aveva mai guidato neanche una squadra giovanile e non aveva mai avuto una responsabilità, ha finito col pagare. Mi sembra che ultimamente si sia fatto idee molto precise: lascia fuori chi deve lasciar fuori, sulla base delle sue idee, e fa giocare chi porta risultati. La Juve adesso ha un’identità riconoscibile, fondata sulla determinazione».
 
Sono accadute cose strane in questo campionato. Squadre geniali nella prima parte del torneo e disastrose nella seconda. O viceversa. «Per esempio il Benevento. Gran calcio compatto prima, retrocessione dopo. Il fatto è che se hai una rosa mediocre e riesci a farla rendere come ha fatto Pippo Inzaghi, succede che a un certo punto ti rilassi e poi rimettersi a correre è difficile. Non è come pilotare un aereo, non rialzi una squadra tirando la cloche. Continui a scendere. E gli altri non vedono l’ora che ti succeda qualcosa. Per il Milan è stato diverso. Moltissimo è dipeso dalle assenze di Ibrahimovic. Basta che ci sia e le difese si preoccupano, a parte il contributo che dà alla manovra». 
 
Quale tra i club che non partecipano a questa volata per la Champions l’ha delusa maggiormente?  «Le due romane. La Lazio ha una buonissima squadra, ma ha avuto un rendimento terribilmente altalenante. Più o meno lo stesso vale per la Roma. Sono due squadre che se giocano bene la partita la giocano bene davvero. Hanno uomini di alto livello e la Roma si è trovata pure senza Zaniolo, che avrebbe scavato la differenza. Fonseca è riuscito lo stesso a farla giostrare, ha messo su un complesso bello da vedere». 

Adesso dovrà sbrigarsela Mourinho. 
«Io sono sempre stato un mourinhista. E’ uno con le idee chiare, crea spirito di corpo nel gruppo, riesce a tirare fuori dai giocatori di tutto e di più. E ha in testa il risultato».

Quindi può essere l’uomo giusto per la Roma? «Ecco, questa volta è andato a finire in una bottega molto difficile. Io la conosco bene, per questo faccio tanti auguri a Mourinho. E la chiudo qui».

Invece tra Simone Inzaghi e la Lazio tutto è ancora in sospeso.  «Lì la questione è un’altra. Inzaghi allena la Lazio da cinque anni e sono tanti. La mia teoria è che dopo cinque anni non riesci più a trasmettere qualcosa di significativo ai giocatori. Mettiamo da parte le storielle sull’Inghilterra e su Ferguson. Ferguson non allenava, andava a vedere le sedute un paio di volte a settimana e aveva grandi collaboratori. Poi arrivava lui, parlava, decideva e veniva seguito. Era esterno alla vita quotidiana del campo. Lo stesso vale per Wenger. Da noi la gestione è completamente diversa e dopo cinque anni un tecnico ha poco da dire».

L’Inter riuscirà ad aprire un ciclo? «Non c’è dubbio. Un ciclo di tre anni. A meno che non abbia bisogno di vendere e se Conte rimane lì. In questo momento non si sa niente di preciso e il mercato è un’incognita. A questo punto dico: per il prossimo scudetto attenzione all’Atalanta. Non ha debiti, è guidata da un allenatore bravissimo e da un presidente che sa di calcio. A questo punto ha anche denaro da investire. Avete visto come hanno sistemato Papu Gomez, che pure per loro era importante».
 
A prescindere da chi andrà in Champions, l’Italia riemergerà dal disastro europeo di questa stagione? «Una sola parola: risorse. Va avanti chi ne ha. Noi ne abbiamo. Neanche la Spagna se è per questo».

 

Fonte: CdS

 

 

 

 

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