Clamorosa rivelazione del N. Y. Times: Superlega e Infantino avevano un accordo sotterraneo
I promotori della Superlega avevano con la Fifa un accordo sotterraneo per sostenere il progetto da cui sarebbe uscito ridisegnato il calcio europeo e per garantirne la riuscita. La rivelazione del New York Times è clamorosa ma in realtà i lettori del Corriere dello Sport-Stadio ne avevano avuto anticipazione a novembre, quando scrivemmo che lo schema ideato da Florentino Perez, di cui già si vociferava, «godeva della copertura aerea di Infantino» i cui rapporti con Ceferin sono sempre stati burrascosi. Oggi emergono nuovi documenti riservati in cui i consulenti legali dei team coinvolti indicavano il governo del calcio mondiale col nome in codice “W01”. Infantino era quindi informato: dal 2019 aveva incaricato i suoi collaboratori più fidati (tra cui il vice-segretario generale Mattias Grafstrom) di seguirne riservatamente i lavori.
Secondo il NYT l’accordo prevedeva il pieno sostegno Fifa in cambio della partecipazione gratuita delle squadre coinvolte al Mondiale per club. Ciò avrebbe fruttato alla Fifa quasi un miliardo l’anno da diritti e pubblicità, grazie alla rinuncia ai proventi dei partecipanti. L’alleanza con la Fifa era considerata cruciale per disinnescare la prevedibile reazione Uefa e per evitare ritorsioni sui giocatori.
Sarebbero state le pressioni di Ceferin, allarmato da voci di corridoio, a costringere la Fifa a una dichiarazione pubblica con cui sconfessava il 21 gennaio i progetti di leghe “chiuse”, minacciando di vietare ai tesserati delle squadre la partecipazione ai Mondiali. Grande sarebbe stata la sorpresa dei “congiurati” ma si interpretò la particolare sfumatura nel wording del comunicato, il riferimento a leghe “chiuse” (la Superlega prevedeva invece cinque posti aperti ad altri club) come un escamotage Fifa per tenere il piede in due staffe. Non è chiaro cosa avrebbe portato Infantino a sfilarsi dall’operazione ma all’indomani dell’annuncio non sfuggì il tono, tutto sommato conciliante, con cui la Fifa ne prendeva le distanze, in confronto con le invettive fiammeggianti del presidente Uefa che definiva gli avversari «serpenti bugiardi».
L’intrigo politico non deve sorprendere. Come scritto in passato, la Superlega è il culmine del conflitto di potere tra i top club padroni dello spettacolo calcistico, da una parte, e tutti gli altri beneficiari della distribuzione semi-democratica dei proventi, dall’altra. I primi ritengono squilibrati gli investimenti necessari ad allestire rose miliardarie rispetto ai gettoni che l’Uefa ripartisce a pioggia tra club e federazioni minori. I secondi costituiscono da sempre il substrato del consenso con cui l’Uefa governa il calcio europeo. La Superlega nasceva dall’idea di coinvolgere il telespettatore globale in uno spettacolo più concentrato, con partite più affascinanti e meno gare di secondo piano, massimizzando il rendimento di ogni minuto trasmesso. I quattro miliardi che la Champions è arrivata a produrre nell’anno precedente il Covid (oggi tre) sono un tesoro che fa gola a tutti. L’Uefa lo custodisce gelosamente, difendendo la sua posizione di monopolio nell’organizzazione dello spettacolo. I top ne vorrebbero una fetta maggiore, disintermediando l’associazione di Nyon che vi alimenta anche la sua opulenta macchina organizzativa. Da anni la Fifa (che ha nella Coppa del Mondo la sua miniera d’oro) sopporta male il potere economico Uefa e la sua preminenza nel calcio di club, che ha cercato di contrastare organizzando il Mondiale per club con deludente efficacia, cambiandone spesso formato e location.
Quando il complesso di investitori che possiedono le squadre iconiche del football continentale ha avuto la grande idea, ha subito trovato nelle alte sfere Fifa una sponda molto interessata. La crisi da cui il football è stato scosso con l’esplosione della pandemia ha fatto da detonatore accelerando il conflitto. Nessuno può escludere oggi che la partita sia finita e che non vi sia un secondo tempo, da giocare magari tra qualche anno.
Alessandro F. Giudice (CdS)