Mou alla Roma come Ancelotti al Napoli? L’ex azzurro risponde al CorrSport
L'ex tecnico del Napoli: "Mou bollito? Lo è il cotechino nel carrello"
Tra i più entusiasti per l’arrivo dello “Special” alla Roma è il tecnico dell’Everton Ancelotti. Che affronta anche i temi della Superlega e del Fair Play Finanziario. «Un colpo da maestro. I tifosi lo adoreranno, ha scelto la città giusta. Ero contrario al progetto dei dodici perché uccideva il merito sportivo. Bisogna essere duri con chi fa i debiti e più duri con chi non li ripiana»
«Mou, roba grossa, un colpo da maestro».
Ancelotti sembrava felicissimo martedì pomeriggio, quando l’ho chiamato pochi minuti dopo che l’uragano Mou aveva travolto Roma spazzando via amarezze e depressioni. Un peccato non poter trasferire sulla carta il tono della sua voce, le sue risate. «Ora gli scrivo che vengo a fargli da secondo… Non mettere niente oggi, mi raccomando, ci sentiamo nei prossimi giorni». Carlo le promesse le mantiene.
C’è anche chi pensa che sia bollito. «Sai cos’è bollito? Il cotechino nel carrello è bollito».
Immagino che la notizia abbia sorpreso anche te. Cosa potrà dare alla Roma? Ci hai pensato? «Non me l’aspettavo, nessuno se l’aspettava… Mou porterà entusiasmo, conoscenze, personalità. È un grande allenatore. Ho un bellissimo rapporto con lui, è un amico, e da tanti anni. Mi ha subito ringraziato per il messaggio che gli ho inviato, i complimenti, così ho aggiunto una cosuccia».
Un secondo messaggio. «Sono contento perché vai ad allenare una squadra alla quale tengo molto».
La tua Roma. «La mia Roma. I tifosi lo adoreranno».
Viene da stagioni poco positive. «Dipende sempre dalle aspettative che una società ha. Il Tottenham sperava di arrivare tra le prime quattro, non ci stava riuscendo e per questo ha cacciato Pochettino. Mourinho ha dovuto fare i conti con un sacco di infortuni. A Manchester non aveva fatto male, aveva vinto l’Europa League ed era entrato agevolmente in Champions… La Premier non è un campionato come gli altri, è molto competitivo, lo dimostra il fatto che due anni fa le finali europee le hanno giocate quattro inglesi e che quest’anno la storia ha rischiato di ripetersi. Si possono fare tanti discorsi per tentare di spiegare la loro superiorità sulle italiane, ad esempio – l’eccessivo tatticismo della serie A riduce l’intensità -, ma io la risolverei così: in Premier ci sono i giocatori e i tecnici migliori. La vera differenza risiede nella qualità. Che ha un prezzo. Anche in una stagione in cui i top club europei hanno sofferto parecchio economicamente, il City ha preso Ruben Dias, uno dei migliori difensori del mondo, Ferràn Torres, Aké. E il Chelsea ha speso 200 milioni per Werner, Havertz, Chilwell, Ziyech, il meglio in circolazione. Al contrario, Real e Barcellona non hanno potuto operare».
L’arrivo di Mourinho alla Roma può essere paragonato al tuo passaggio al Napoli? «Ci devo pensare».
In entrambi i casi il palmares del tecnico era ed è notevolmente più ricco di quello del club. Altra coincidenza, nient’affatto casuale: sia tu che lui avete fatto le cose di nascosto. «Allora sì, può essere. Alla fine conta la voglia che uno ha di allenare. Stare fermi a lungo non piace a nessuno, il desiderio è sempre quello di ritrovare il campo. Roma e Napoli, poi, sono piazze importanti. Come in ogni azienda che si rispetti, anche nel calcio il risultato finale deve essere rapportato alle aspettative iniziali. Ci sono squadre che hanno l’obbligo dello scudetto e altre che puntano a entrare tra le prime quattro, altre ancora si pongono un solo obiettivo: mantenere la categoria».
A Napoli ti fece fuori De Laurentiis. «Non è esatto. E comunque non aggiungo altro, non ha più importanza, e tu non fare il furbo».
Vabbuo’, cambio argomento: sei sempre stato critico nei confronti del Fair Play Finanziario. «Bisogna essere duri con chi fa i debiti e più duri con chi non li ripiana. Sono contro chi non paga gli stipendi, chi spende molto più di quello che incassa. Se il proprietario di un club vuol mettere soldi suoi per aggiustare i conti della società, deve essere lasciato libero di intervenire: è tutto denaro che entra nel circuito».
L’Uefa ha congelato il FPF per via della pandemia. «L’Uefa sì, la Premier non ancora, ma immagino che si mostrerà più tollerante».
Anche il progetto Superlega ti ha visto tra gli oppositori dichiarati. «Mi sta bene che si parli di business, di industria del calcio, poiché muove 25 miliardi di euro, almeno così ho letto. Non mi sta bene, però, quando il business uccide il merito sportivo. Ero contro la Superlega perché non lo considerava. Ci vuole un’abilità particolare per coniugare business e merito e il calcio questa capacità deve possederla, altrimenti non ci siamo. Il merito riservato solo a cinque squadre non è merito».
I tifosi inglesi sono scesi immediatamente in strada. Quelli dello United hanno addirittura impedito lo svolgimento della partita col Liverpool. «Il malessere dei tifosi dello United ha radici profonde, viene da lontano. Non hanno mai amato la proprietà americana. Per molti anni il senso di appartenenza l’ha incarnato Ferguson. In lui i tifosi potevano identificarsi. Io credo che la Superlega sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della delusione, dell’insofferenza, è stata la causa scatenante. Bisogna anche considerare che nel frattempo è cresciuto a dismisura il vicino di casa. Si potrebbero fare discorsi sociologici sul football patrimonio della working class, io preferisco restare sempre con i piedi per terra. Ad ogni modo qui in Inghilterra è in atto una guerra tra le 14 che non facevano parte della Superlega e le altre sei. Le escluse fanno pressioni affinché le fondatrici vengano in qualche modo punite. Si parla di penalty, penalizzazioni, multe».
L’Uefa pensa di estromettere dalle coppe, per un anno, Real, Barcellona, Juve e Milan. «Non credo possa farlo, se le squalificasse finirebbe per penalizzare i tifosi e i calciatori di quelle squadre, gente che si è opposta alla creazione della Superlega. Sarebbe un paradosso e un’enorme ingiustizia. Questo aspetto della questione va trattato con i guanti bianchi. I tifosi e i calciatori non c’entrano. Perché punirli? E come la prenderebbero le tv che hanno pagato i diritti di una Champions a ranghi completi?».
Dalle tue parti si è appena aperto un altro fronte: City e Chelsea vogliono disputare la finale di Champions a Londra, evitando la trasferta in Turchia che è ancora in lockdown. «Un bel casino. Considera che qui ieri i morti per covid erano tre, quattro il giorno prima, uno quello precedente. Nella prima ondata i vaccinati sono stati 36 milioni, nella seconda sono arrivati a 50».
Nel dibattito sulla qualità del gioco come ti poni oggi? «Come sempre: non esistono il gioco bello e il gioco brutto, la qualità del gioco la determinano gli interpreti».
Ho letto che sareste interessati a Szczesny. «Il portiere ce l’ho, è Pickford. Adesso penso solo al West Ham: se domenica lo battiamo rientriamo in Europa, se perdiamo siamo fuori. Per fortuna giochiamo a Londra».
Dieci vittorie in trasferta e cinque in casa. Come lo spieghi? «L’assenza del pubblico penalizza la squadra di casa e favorisce chi viaggia. Più semplice di così…».
Carlo, Ronaldo è davvero finito? «Quanti gol ha segnato quest’anno?».
In campionato 27. Ride di gusto. «Allora sì, è proprio finito».
A cura di Ivan Zazzaroni (Cds)