La SuperLega perde le Inglesi. Vacillano Inter e Milan, oggi fuori l’Atletico
La pressione esercitata da Ceferin sui club di Premier ha avuto effetto anche in Spagna Summit nella notte Oggi esce l’Atletico
La Superlega è già finita. Prima di nascere davvero. Questa era la sensazione forte e inequivocabile ieri sera, al momento di andare in stampa, quando i 12 club fondatori avevano appena concluso una delicata videoconferenza. Un tentativo estremo per rimettere insieme i pezzi di un’alleanza che da metà pomeriggio stava andando in frantumi. Una specie di “exit strategy”. Politica, istituzioni sportive e tifosi hanno demolito in meno di 48 ore la creatura partorita da Perez e Agnelli. Che qualcosa potesse succedere lo avevano fatto capire i duri interventi di Infantino e Ceferin al congresso dell’Uefa. Il numero uno di Nyon aveva aperto a ripensamenti da parte dei club inglesi. Sembrava una speranza, ma era molto di più.
CHELSEA, CITY E LE INGLESI. Il Chelsea ha sgretolato il fronte per volontà di Abramovic, colpito dalla protesta dei tifosi fuori da Stamford Bridge (i fan hanno festeggiato quando si è sparsa la notizia del cambio di posizione del loro club), ma soprattutto dall’esito della riunione delle 14 società della Premier, decise nel mettere al bando le 6 ribelli. La maggioranza era forte dell’appoggio del premier Johnson che in mattinata voleva sganciare “una bomba legislativa” per fermare la SL. Abramovic non era convinto di fare questa mossa, ma si era adeguato per non rimanere indietro rispetto alle 5 dirette concorrenti della Premier League. A ruota sono venute fuori le perplessità del Manchester City che ha iniziato a preparare le carte legali e alle 22,30 ha annunciato ufficialmente l’addio alla Superlega. Ceferin lo ha immediatamente riaccolto nell’Uefa. In frantumi il «patto vincolante» siglato dai fondatori e sulla cui tenuta Florentino Perez in un’intervista a “El Chiringuito” si era dichiarato certo. La martellata decisiva è arrivata non a caso dal mercato più ricco, quello inglese, perché lì i club hanno dalla Premier ricavi impensabili per gli altri campionati. Una battaglia legale avrebbe comportato rischi, ma il danno d’immagine con i tifosi sarebbe stato certo. Ed Woodward, vice presidente esecutivo del Manchester United, si è dimesso anticipando di due mesi il suo addio. Intorno a mezzanotte la società dei Glazer, l’Arsenal (“Abbiamo commesso un errore ci scusiamo” hanno twittato i Gunners), il Tottenham e il Liverpool (che ha perso proprio ieri uno sponsor importante e ha visto i propri calciatori protestare) hanno ufficializzato l’addio alla Superlega. E’ stata un’escalation che ha coinvolto perfino la Spagna visto che l’Atletico Madrid (uscirà oggi) e il Barcellona hanno fatto filtrare i loro dubbi: Laporta ha legato la sua permanenza nella Superlega all’ok dell’assemblea dei soci. Un modo elegante per salutare. Dal fronte italiano nessuna indiscrezione anche se i dirigenti delle milanesi ieri sera erano perplessi.
TRIBUNALE ED ESECUTIVO. E pensare che, a inizio pomeriggio, la strada per la Superlega pareva in discesa perché il tribunale di Madrid aveva bloccato, attraverso una diffida, le possibili sanzioni di Uefa e Fifa contro i 12 club fondatori. Un bello scudo di fronte ai divieti e alle sanzioni per le società e i giocatori, almeno fino a quando la questione non fosse stata esaminata completamente. Sembrava garantire il tempo per completare il quadro delle partecipanti; magari poteva dare la possibilità di iniziare a trattare con Nyon e Zurigo. Anche perché quasi in contemporanea si è sparsa l’indiscrezione che, dopo i primi consulti tra gli studi legali di fiducia di Uefa e Fifa, l’idea del Comitato Esecutivo era quella di applicare le sanzioni alle coppe europee 2021-22 (dare a ogni Federazione i posti spettanti ma non consentire alle ribelli di prenderli; per l’Italia dunque Atalanta, Napoli, Lazio e Roma in Champions; Sassuolo e forse Verona in Europa League; lotta tra Samp, Bologna e le altre per il posto in Conference League) e non a quelle che si concluderanno tra poche settimane con le semifinali e le finali. La soluzione di estromettere subito Real, City, Liverpool, United e Arsenal era stata la prima reazione di pancia di Ceferin (e forse è stata utile…), ma metterla in pratica in breve senza rischiare l’autogol non era facile
RUOLO DELLA POLITICA. Della “bomba legislativa” ipotizzata da Boris Johnson abbiamo già detto, ma è stata tutta la politica europea ad allarmarsi. Perché, se l’Inghilterra con la Brexit è uscita dall’Europa Unita, Bruxelles non ha potuto non notare l’assalto dell’economia americana a quella del Vecchio Continente. Il calcio è solo un “dettaglio”? Forse, ma se si muove JP Morgan, potente banca a stelle e strisce, non va sottovalutato. La pressione dei vari Paesi è diventata fortissima. Un ruolo chiave lo hanno avuto i club tedeschi e francesi. I 12 fondatori avevano dato 30 giorni di tempo a Bayern Monaco e Borussia Dortmund per aderire; la metà al Psg. Perché questa differenza? Perché il mercato tedesco, il più ricco della Comunità Europea, era considerato cruciale dagli americani ed era necessario avere un top club della Germania nella Superlega. Dopo il no di Rummenigge, le attenzioni erano sul Dortmund nella speranza che cedesse. Da Parigi, invece, Al-Khelaifi era stato chiaro: il Qatar, organizzatore dei Mondiali del 2022, non poteva tradire la Fifa, mentre il Psg, aiutato sul Fair Play, non voleva voltare le spalle alla Uefa. Dalla Francia, infine, voci non confermate parlavano di pressioni di Macron su Stellantis, il quarto costruttore di auto al mondo nato dalla fusione di Fca e Psa. Stellantis ha come presidente John Elkann, cugino di Andrea Agnelli.
FUTURO E LEGA. Adesso, se la Superlega naufragherà definitivamente, resta da capire come i “ribelli” saranno riaccolti in Lega. Il City è stato perdonato. Amnistia anche per le altre? Il Comitato Esecutivo di venerdì chiarirà molte cose. Di certo anche in Serie A qualcosa potrebbe cambiare a livello di alleanze. Venerdì è in programma l’assemblea per preparare il bando del pacchetto 2, non acquistato da Sky. Sarà una prima occasione di confronto.
A cura di Andrea Ramazzotti