Il Covid ha spinto a smettere 70.000 calciatori. Un universo di sognatori, fermi a causa della pandemia
Dispersione altissima, anche a favore di altri sport
Rappresentano l’80% dell’intero sistema calcio: sono gli atleti che giocano i campionati giovanili nel nostro Paese. Nel 2018-19 si sono disputate 370.087 partite, alle quali vanno aggiunte quelle della Juniores (incluse nell’attività dilettantistica). Il pallone è ancora la grande passione degli italiani: nella fascia d’età 5-16 anni il 20,4% della popolazione gioca a calcio, con Lombardia, Veneto, Lazio, Emilia Romagna e Toscana capofila in termini di tesserati.
CALO. Con l’emergenza Covid il movimento ha perso 70 mila calciatori, quasi tutti tra gli “Under” visto che le prime 5 serie – dalla A all’Eccellenza – sono ripartite o stanno per farlo. Se, da una parte, il totale dei tesserati era sempre cresciuto nelle ultime tre stagioni (da 1.356.749 del 2016-17 a 1.362.695 del 2018-19), a calare è stato il numero delle società (-668) e delle squadre (-18.315). In particolare, preoccupa quest’ultimo dato: nel 2017 scendevano in campo più di 83 mila formazioni, n anno fa (prima della pandemia) il numero si era attestato alla soglia dei 65 mila, con un calo del 22%. Una “concentrazione” simile a quella del mondo aziendale: pesce grande mangia pesce piccolo, bloccando sul nascere il suo potenziale.
ATTIVITÀ. In Italia l’attività di base parte dai “Primi Calci” e si conclude con gli Esordienti (12 anni). Poi si passa ai Giovanissimi Provinciali (Fascia B e Fascia A), ai Giovanissimi Regionali (B e A) e alla categoria Allievi (anche qui provinciale e regionale), fino alla Juniores (quest’anno 2002 e 2003). Tutto sotto il cappello della Lega Dilettanti. In Serie D c’è la regola dei 4 Under obbligatori (un ‘99, un 2000, un 2001 e un 2002), in Eccellenza e Promozione sono 3 (2000, 2001 e 2002). Step dopo step la dispersione è altissima e la selezione somiglia a una ghigliottina; ne consegue una perdita notevole di iscritti a favore di altri sport che invece appaiono più inclusivi, si pensi al basket e al volley. Le attività giovanili delle società di Serie A, B e C, invece, vengono coordinate direttamente dal Settore Giovanile e Scolastico (SGS) che organizza i campionati nazionali Under 17, Under 16 e Under 15, coinvolgendo 5.000 atleti. Attualmente le categorie “di preminente interesse nazionale” che possono proseguire, da Dpcm, sono la Primavera, l’Under 18 e l’Under 17 A e B. Tutto il resto è congelato, con notevoli problematiche proprio per i nati nel 2002 che si avviano alla conclusione del loro percorso nei vivai. «L’augurio è che già nei mesi di maggio e giugno anche la nostra attività di base possa riprendere secondo format flessibili e aggiornati, come auspicato anche dal Presidente Federale» ha detto di recente Vito Tisci, responsabile del SGS.
VINCOLO. Nel passaggio da Allievi a Juniores c’è la vera rivoluzione. I ragazzi fino a 14 anni firmano un tesseramento annuale, dai 14 ai 16 sono considerati “giovani dilettanti”, mentre superata quella soglia scatta il vincolo pluriennale che li lega al club di appartenenza fino al 25° anno. Questo vale per le società dilettantistiche. Per i “pro”, invece, dopo i 14 anni il calciatore assume lo status di “Giovane di Serie” ed è vincolato fino ai 19, a meno che non firmi nel frattempo un contratto. È una questione sulla quale si discute molto, in particolare dopo l’approvazione della riforma dello sport che abolisce il vincolo pluriennale dal 2022. Il presidente della LND, Sibilia, ha ricordato spesso che esistono già diverse possibilità di svincolo, evidenziando un fatto: se i club dovessero perdere a costo zero (o quasi) i propri talenti, rischierebbero un vero e proprio tracollo. Come se non bastassero il Covid e la crisi economica. Ma l’altra faccia della medaglia sono le storie di giovani “ingabbiati” e di genitori costretti a pagare di tasca propria il cartellino pur di restituire ai propri figli la gioia di giocare a calcio.
A cura di Giorgio Marota (Cd)