Nozze d’argento per Valentino Rossi: 25 anni sulle due ruote
Bosman, con la legge che avrebbe cambiato per sempre gli sport di squadra. Atlanta, sede delle Olimpiadi. Alberto Tomba, vincitore di due ori ai Mondiali di Sierra Nevada. Villeneuve, con il debutto di Jacques in Formula 1 a 14 anni dalla scomparsa di papà Gilles. Se i motori di ricerca fossero stati di uso comune come oggi, in quella primavera del 1996 – quando internet era agli albori – sarebbero state queste le parole chiave per lo sport. E dovendo parlare di Motomondiale, il nome sarebbe stato quello di Max Biaggi, inarrestabile con la sua Aprilia 250. Non a caso il 31 marzo 1996, l’allora 24enne Corsaro aprì la stagione con un netto successo in Malesia, primo passo verso il terzo titolo consecutivo. Nessuno, però, poteva immaginare che quel giorno sarebbe diventato indimenticabile per l’Italia sportiva, ma non per i tre vincitori del GP della Malesia, Stefano Perugini, Biaggi e Luca Cadalora.
FENOMENO GLOBALE. Un quarto di secolo dopo, quel GP viene ricordato perché fu il primo di Valentino Rossi, ai tempi 17enne con parecchi “troppo”: già troppo alto per l’Aprilia 125, con capelli biondi troppo lunghi per essere contenuti dal casco, e con un talento comunicativo pari a quello visto subito in pista, e quindi troppo per la entry class.
Era l’Italia che si apprestava a vivere le elezioni che avrebbero portato al primo governo Prodi. La generazione X scopriva il fenomeno Oasis, mentre dopo lo scioglimento dei Take That, stavano per salire alla ribalta le Spice Girls. Il Motomondiale era un fenomeno di nicchia, con Biaggi unico vero personaggio, e in quella primavera non riuscì a evitare a Jerez la figuraccia dell’incredibile invasione del pubblico in pista per gli ultimi due giri della 500, che venne portata ugualmente a termine. Una lezione della quale la Dorna avrebbe fatto tesoro. Ma in quel weekend di Shah Alam, circuito successivamente convertito in un centro residenziale, il Motomondiale delle moto a due tempi – ancora distante dall’era MotoGP – trovò il volto capace di condurlo alla terra promessa della notorietà planetaria.
MINORENNE. Ai tempi, un debuttante di 17 anni era un fatto più raro rispetto a oggi, anche se sei stagioni prima Loris Capirossi aveva debuttato (e vinto subito il Mondiale!) alla stessa età. Come Capirex, anche Vale iniziò con un sesto posto in gara, mostrando di essere più di un semplice figlio d’arte. Portato nel Mondiale da Carlo Pernat, con il Team AGV e l’Aprilia supervisionata da Mauro Noccioli, Rossi diede spettacolo pur con comprensibili peccati di gioventù. La gloria arrivò in fretta, con il primo podio all’11º GP in Austria e il primo successo due settimane dopo, a Brno: il primo di 115 trionfi, sulla pista che un anno più tardi lo avrebbe laureato campione del mondo, il primo di nove titoli.
STELLA. Quando a Brno conquistò il titolo, in un ospedale di Palma de Maiorca la signora Ana Mayrata dava alla luce il piccolo Joan Mir, campione del mondo della MotoGP che è l’odierna casa di Vale. Come Mir, altri sette rivali di Rossi sono nati dopo il suo debutto: Alex Marquez, Iker Lecuona, Enea Bastianini, Jorge Martin, quel Fabio Quartararo che lo ha estromesso dal team ufficiale Yamaha, l’allievo Pecco Bagnaia e il fratello minore Luca Marini. Nessuno di loro ha vissuto l’alba del successo di Valentino, in un 1996 in cui non era stato nemmeno il vincitore più giovane, ma rispetto al classe ’80 Ivan Goi, Rossi entrò presto nelle case di tutti gli italiani, anche i non appassionati di sport, con la spontaneità e un’ironia tutt’altro che banale. E soprattutto con le vittorie. Un mix che a cavallo del nuovo millennio gli consentì di prevalere nel confronto con Biaggi – il “Coppi-Bartali” del nostro motociclismo – e diventare la stella più brillante del Mondiale. Una stella la cui luce, dopo 25 anni, è ancora forte.
A cura di Mirco Milloni (CdS)