La nazionale dopo il 2018 di rinascita, il 2019 di definizione, il 2020 di affermazione, siamo arrivato al momento della attesa consacrazione. In questo senso Mancini ha lavorato sulla qualità e sul ridare prospettiva anagrafica al gruppo. Scelto il modulo («Il 4-3-3 è la nostra certezza»), il metodo per comporre la rosa seguirà la scelta doppia per ogni ruolo (dunque 8 difensori, 6 centrocampisti, 6 attaccanti, cercando magari di privilegiare uomini capaci di coprirne più di uno. Esempio: Pellegrini interno ma anche esterno tattico a sinistra). Per quanto riguarda gli uomini poi, reparto per reparto, si può dire che il capitolo portieri può essere considerato archiviato: Donnarumma, Sirigu, Cragno più Meret “riserva”. Passando alla difesa, il blocco dei centrali prevede Bonucci-Chiellini, più Acerbi-Bastoni (lasciando fuori così Romagnoli, Mancini e Ferrari), più a destra Florenzi e il duttile Di Lorenzo in vantaggio su Calabria, infortunatosi, e sul deb Toloi; mentre a sinistra Spinazzola-Emerson Palmieri sembrano sicuri del posto (con alternativa Biraghi). Il bello viene in mezzo e in avanti. Se Barella-Jorginho-Verratti non si discutono, così come Locatelli e Pellegrini, per un posto corrono in nove: Castrovilli, Cristante, Mandragora, Pessina Sensi, Soriano, Tonali, più Zaniolo («Solo se recuperato a pieno») e il deb Ricci. Qui Mancini dovrà davvero trovare la quadra, pensando a quale giocatore valga di più come vice Jorginho, suo punto fermo. Per quanto riguarda l’attacco poi, anche qui le cose si complicano per il ct: se Immobile-Belotti, ancora in ballottaggio, non si discutono, così come Insigne e Chiesa (tra i più in forma), se Kean rappresenta il suo nuovo Balotelli, se Bernardeschi resta tra i suoi pupilli, vorrebbe dire che per Berardi, Caputo, El Shaarawy, Grifo, Orsolini e Scamacca all’Europeo non ci sarebbe posto. Vedremo. Fonte: CdS