Piangeva. Il Napoli vinceva ai calci di rigore e lui era inginocchiato, tra le lacrime, all’Olimpico. Forse è questa l’ultima immagine di José Callejon con la maglia del Napoli. L’emozione per aver chiuso la sua avventura in azzurro con la Coppa Italia. Per i tifosi resta colui che voltò le spalle a Higuain, nella prima del Pipita da avversario con la Juventus. Per tutti, l’intoccabile. Quello dal sorriso sornione, silenzioso, l’uomo che ha messo d’accordo tutti: da Pochettino a Mourinho, da Benitez a Sarri e poi Ancelotti e Gattuso. Persino adesso Cesare Prandelli. Sembra che abbia sempre il muso, ma a Napoli sanno che non è così. 113 partite consecutive con la maglia azzurra: con Benitez solo una gara di campionato saltata per squalifica e con Sarri la stessa cosa ma in tre stagioni. Sognava lo scudetto, fu uno di quelli che spinse al famoso patto: «Restiamo tutti per vincere il campionato». Ma il campionato si fermò ai 91 punti. I suoi inchini dopo un gol restano un gesto scolpito nella memoria. Peccato che domani troverà uno stadio vuoto: sarebbe stato bello per lui poter sentire l’affetto del pubblico. 349 partite e 82 inchini. Con Insigne e Higuain prima e con Insigne e Mertens dopo ha formato i tridenti più spettacolari dai tempi della Magica. Straordinaria quella scritta su un palazzo: «Innamoratevi di qualcuno che vi cerchi come Insigne cerca Callejon». Il taglio del numero sette resterà nella storia. Tutti sapevano che faceva quel movimento, ma non c’era un difensore che riusciva a fermarlo. Insostituibile. Instancabile. Sarri diceva di lui: «Lo metto in campo e so di aver un difensore e un centrocampista in più anche se gioca in attacco». A casa sua, avrebbe ricevuto solo un’ovazione.
Il Mattino