Doppio ex, P.P. Marino: “Udinese/Napoli è la mia gara del cuore. Fu un errore far ripartire i campionati”

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Il decano tra i dirigenti: Pierpaolo Marino solca i mari del calcio italiano dal 1977, quando assunse il primo incarico all’Avellino. Ventotto campionati di serie A alla corte tra gli altri di Sibilia, Ferlaino, Viola, De Laurentiis, Percassi e ora Pozzo. Adesso è all’Udinese che oggi affronta il Napoli. «Ma emozioni non le provo più anche se è la mia gara del cuore perché faccio parte della storia della società (lo scudetto nel 1987 ma anche il ritorno in A nel neonato club guidato da De Laurentiis, ndr)».
Marino, come si affronta una stagione senza tifosi e come conseguenza senza incassi? 
«Non è semplice, l’abbassamento degli investimenti dei grandi club sarà inevitabile e avrà ripercussioni su piccoli e medi club: le big perdono di più perché erano quelle che incassavano di più e non pagheranno più 100 milioni un calciatore ma 40… Chiaro che il mercato è una forma di solidarietà. E le risorse che arrivano dal mercato saranno inferiori per molti. C’è una crisi gravissima ma non credo che sia in discussione la sopravvivenza dei calcio».
Meno male. E a Udine?
«Il danno è grande, ma la proprietà e le politiche che persegue da tempo l’Udinese sono solide. E questo consente di affrontare questo terremoto»
Lei durante il primo lockdown si è tagliato lo stipendio?
«Era tutto fermo, non si lavorava e prendere lo stipendio era una specie di forma di sciacallaggio».
Basterà spostare in avanti il termine dei pagamenti degli stipendi previsto per il 16 febbraio?
«Non è che firmando delle cambiali le cose vanno meglio. Certo, è una boccata d’ossigeno, ma il vero aiuto dovrà essere un altro. I pagamenti arrivano sempre anche quando li sposti. Serve un intervento risolutivo del governo con provvedimenti straordinari e sgravi sulla fiscalità».
Almeno i presidenti hanno mostrato compattezza in questi mesi.
«Vero, ma sarebbe stato da irresponsabili non esserlo quando tutto attorno era l’inferno, con una tragedia da 100mila morti, praticamente una guerra».
A giugno era fautore dello stop. 
«E sarebbe stato meglio non riprendere. Ancora oggi paghiamo le conseguenze del mancato stop sui bilanci perché l’inattività avrebbe portato a sederci con i calciatori e a fare dei ragionamenti sugli stipendi. E avremmo alleviato le sofferenze in bilancio. Adesso le mensilità saranno pure 10 ma ci sono i due mesi di sosta. Le famose cambiali che vengono firmate…». 
L’ingresso dei Fondi può essere una bombola d’ossigeno?
«I fondi sono come il cortisone: per fronteggiare l’emergenza vanno benissimo, poi però serve il vaccino. Ma intanto i fondi possono essere il farmaco perfetto: si perde un po’ di sovranità nella governance, ma si guadagnano risorse». 
La decurtazione degli stipendi il primo passo anti-crisi?
«Il taglio è tutto da verificare, passa attraverso un confronto sindacale che non è mai facile».
Il ruolo del governo quale deve essere?
«Sostenerci. La pressione fiscale è esagerata, non possiamo reggere ai livelli di fiscalità di prima. È evidente che il sistema non ne ha la forza».
Quanto sta condizionando gli equilibri la pandemia?
«È evidente che il campionato non è esattamente lo specchio dei valori tecnici».
Lei era favorevole all’allargamento delle rose?
«E lo sono ancora, può essere anche deciso adesso, in questa sessione. Perché mica situazioni estreme come quella capitata al Genoa non possono ricapitare».
I cinque cambi stanno davvero favorendo le più forti?
«Sì, ma soprattutto gli allenatori hanno la possibilità di incidere di più sulla partita. Perché davvero il volto di una partita con le sostituzioni può cambiare radicalmente».
Del rapporto con De Laurentiis cosa è rimasto?
«Il bello e il brutto, però con gli anni ormai ricordo solo le cose belle».
Colpito dagli alti e bassi della squadra di Gattuso?
«Moltissimo, non mi aspettavo la sconfitta con lo Spezia anche per il modo con cui è maturata: ho visto un po’ di partita e sono rimasto colpito dal bel gioco, dalle tante occasioni create. Il risultato mi ha sorpreso».
L’Udinese sta facendo la stagione che si aspettava?
«Non abbiamo la posizione in classifica che meritavamo, abbiamo qualche punto in meno senza dimenticare che abbiamo una partita in meno». 
Nel mercato di riparazione del 1986 lei mise a segno un colpo straordinario: Romano. C’è qualcosa di simile in questo gennaio? 
«È stata una intuizione straordinaria, lo presi in serie B dalla Triestina. In questo mercato non mi sembrano che ci siano giocatori che possono far cambiare gli equilibri come fece Romano. E poi tra la serie A e la serie B di adesso c’è un divario maggiore…».

Factory della Comunicazione

A cura di P. Taormin a (Il Mattino)

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