Una agonia di sei, forse otto, ore. Quella di Maradona, la mattina del 25 novembre, non è stata una morte improvvisa. Un calvario nel buio e nel silenzio della casa al Barrio Sant’Andres a Tigre, in provincia di Buenos Aires, dove era stato trasferito dal medico di fiducia Leopoldo Luque e dalle figlie Dalma e Gianinna pochi giorni dopo l’operazione al cervello.
Diego non si è lasciato morire, come hanno sostenuto alcuni uomini del suo intorno. Il clan che lo aveva isolato da tutto e tutti negli ultimi mesi, probabilmente per difendere se stessi e i loro affari. Diego è morto perché non è stato curato adeguatamente. Come avevano subito sospettato i magistrati della Fiscalia General di San Isidro che conducono l’inchiesta sul decesso del sessantenne ex campione del Napoli e dell’Argentina. Alla luce di quanto è emerso nel corso dell’autopsia prende sempre più consistenza l’ipotesi di un’incriminazione per omicidio colposo. I magistrati hanno già indagato due medici che avrebbero dovuto seguire Diego da vicino: appunto Luque, neurochirurgo, e Agustina Cosachov, psichiatra. Fonte: Il Mattino