De Paul «Diego tiferà per noi l’Argentina non è sola. Con il Pibe in cielo saremo sempre in dodici»

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La voce dell’altro capo del telefono tradisce l’emozione: «Da qui in avanti la Seleccion giocherà in dodici perché, come tifava per noi fino a pochi giorni fa, in qualunque parte del mondo si trovasse, lo farà adesso dal cielo. Sogno di vincere il Mondiale del 2022 in Qatar per dedicarlo a lui». Rodrigo De Paul, il leader dell’Udinese, è uno dei milioni di argentini dal cuore straziato per la scomparsa di Maradona. Sono giorni complicati per il numero 10 bianconero e i suoi connazionali: trattenere le emozioni non è facile per chi come lui passa, sui social e in tv, da un ricordo all’altro «del più grande della storia del calcio». 

 

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De Paul, qual è stata la sua prima reazione quando ha saputo che Diego era morto?
«Me lo hanno detto all’intervallo della gara di Coppa Italia con la Fiorentina e non potevo crederci. Al termine dell’incontro mi sono messo a parlare con gli amici e i compagni di nazionale sui gruppi di Whatsapp. Non è stato possibile trattenere le lacrime. La mia generazione è nata con il mito delle sue vittorie: non lo abbiamo visto giocare dal vivo, ma sappiamo ciò che ha fatto per la nostra nazionale».

Lei lo aveva conosciuto?
«Sì, una volta ho mangiato con lui perché avevamo un amico in comune. Gli ho regalato una mia maglia del Racing. Potete immaginare come ero emozionato. Maradona per gli argentini è la storia: è stato lui che ha fatto conoscere la nostra nazione nel mondo e il Paese gli deve tanto. Mi rimarranno sempre nella mente le immagini del Mondiale del 1986: gli inglesi ci avevano rubato le Malvinas ed erano morti tanti argentini. I suoi gol contro l’Inghilterra hanno risollevato una nazione e rimarranno nei cuori di parecchie generazioni. Diego era eccezionale. Non lo dico io, ma tanti colleghi che hanno diviso lo spogliatoio con lui: tutti assicurano che non hanno mai avuto un capitano e un leader così. Spero riposi in pace».

Quanta voglia avrebbe di dedicargli un gol contro la Lazio?
«Quando da bambino sognavo di diventare un calciatore, avevo l’obiettivo di emularlo. Sapevo che era impossibile, ma era comunque un esempio perché nonostante fosse nato in un quartiere povero, era diventato il più forte al mondo. Lui è stato la dimostrazione che con la voglia e il carattere puoi fare tutto. Per onorare il 10 che portava Diego dovrò dare sempre il massimo».

La scomparsa di Diego ha riacceso il dibattito sul fatto se sia stato il migliore di sempre.
«Per noi argentini e per i napoletani il dubbio non si pone: è stato il più grande di tutti. Fisicamente non lo vedremo più, ma resterà la nostra bandiera».

La folla alle sue esequie è stata impressionan te.
«Tutto ciò che viene fatto per Maradona è giusto. Anzi, è meno di quello che dovremmo fare».

Domani cosa proverà durante il minuto di silenzio?
«Il pensiero volerà a lui, ma ormai sono due giorni che non penso ad altro».

Che gara sarà quella contro la Lazio all’Olimpico?
«Difficile perché sfideremo un’ ottima squadra che ha grandi giocatori e un grande allenatore. Lavorano insieme da anni e hanno fatto tante cose belle».

Lei è atteso… dal derby con il suo connazionale Correa.
«E’ un amico e un top player. Siamo entrambi nati nel 1994 e da ragazzi ci affrontavamo quando lui era all’ Estudiantes e io al Racing. Siamo compagni di nazionale e ci stimiamo. E’ molto legato anche al mio compagno Pereyra e spesso facciamo videochiamate a tre. Questa settimana abbiamo evitato (ride, ndr)».

Qual è la dote migliore di Correa?
«E’ calciatore pazzesco e ha un uno contro uno micidiale. Tecnicamente è fortissimo e dobbiamo stare attenti alla sua qualità. Lui e Milinkovic fanno “girare” la Lazio».

E poi c’è un certo Immobile…
«Un attaccante che conosciamo tutti. Ha superato il Covid ed è tornato a segnare come sempre».

A proposito di Covid, come sta vivendo questi mesi con la pandemia che terrorizza il mondo?

«Con paura e spero che finisca presto perché non possiamo andare avanti così. Da un anno non vedo mia mamma che vive a Buenos Aires e non è facile. Bisogna stringere i denti, stare attenti e aspettare il vaccino».

Com’è il calcio senza pubblico?
«Brutto, molto butto. Il bello di questo sport è la passione della gente e a me manca tanto vedere la Dacia Arena piena di tifosi che esultano per un mio gol o per una vittoria dell’Udinese».

Come giudica il vostro inizio di stagione?
«Non è stato quello che speravamo e, complici le assenze e un po’ di sfortuna, abbiamo perso dei punti. Piano piano stiamo risalendo la corrente: contro il Sassuolo abbiamo disputato una bella prova e abbiamo vinto con il Genoa. Bisogna continuare così».

Il vostro obiettivo è la salvezza o puntate a qualcosa in più?
«L’obiettivo è fare punti contro la Lazio. Questa è la mia mentalità e cerco di trasmetterla alla squadra. Pensare troppo al futuro ti fa perdere concentrazione sul presente e non è il modo giusto di lavorare».

La scorsa estate quanto è stato vicino a lasciare Udine?
«Sono molto contento di essere qua perché mi trattano come un figlio e tutti mi vogliono bene. Questo sentimento è reciproco. A ogni sessione di mercato escono voci su di me e magari succederà anche in futuro, ma ora non ci penso. Mi farò trovare sempre pronto per ciò che accadrà. Fisicamente e mentalmente sono nel miglior momento della carriera».

Quindi si sente pronto anche per un’avventura in una grande?
«Ora penso solo alla sfida con la Lazio. Se mi concentrassi su un eventuale trasferimento, non farei più bene il mio lavoro. E questa è l’ultima cosa che voglio».

 

A cura di Andrea Ramazzotti (Cds)

 

 

 

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