M. de Giovanni: «Lui, solo Lui. La mia generazione è orfana»

0

Maurizio de Giovanni commenta al Tg1. Il celebre scrittore spiega, sottolinea il legame tra Maradona e Napoli come «due stelle». L’una che ha dato luce all’altra. L’una che è stata il palcoscenico dell’altra, perché quel clima, quella chimica si sono realizzati qui, qui sono stati entrambi vincenti nel nome del Calcio, Diego nato sì in Argentina ma assolutamente napoletano, irregolare e vincente. Al telefono lo scrittore si emoziona ancora di più raccontando queste sensazioni, proprio mentre tanti tifosi azzurri sono davanti al murales di Diego a tributargli il loro profondo e incancellabile affetto.
De Giovanni, che cosa ha provato alla notizia della morte di Maradona? «Francamente ho pianto».
Un dolore vivo. «Il cuore mi si è spezzato in due e ne ho sentito il rumore. (E mentre lo racconta la sua voce si incrina profondamente ancora, ndr). Non è semplice, la mia generazione perde un pezzo di anima, senza mezzi termini. Un perdita enorme».
E adesso, de Giovanni? «Secondo me lui adesso entra nel mito, nella leggenda. Lui non muore».
Che cosa vuol dire? «No, non muore. Lui sarà un santo patrono laico per Napoli».
Qual è il ricordo più bello che le è rimasto dell’avventura di Maradona con la maglia del Napoli? «La punizione che si infilò nell’angolo della porta dello juventino Tacconi».
3 novembre 1985, Napoli-Juventus. Tocco di Pecci, gol e San Paolo in visibilio per la vittoria per 1-0. «Sì, quel tiro contro le leggi della fisica. Non posso pensare ad altro che a quello».
E perché de Giovanni? «Perché quella fu la vittoria del talento sulla pianificazione, la vittoria dell’astuzia sui soldi, la vittoria sul potere. Anzi, fu lo sberleffo in faccia al potere».
Allora. E in futuro che cosa resterà? Lei sa che in tanti in queste ore stanno ricordando Diego a Napoli davanti al murales. «Lui è il capitano di questa città. Ma è stato più di un capitano, più di un calciatore».
Perché? «Perché rappresenta l’identificazione tra la squadra e la città. Lui è l’uomo simbolo al quale sarà anche giustamente intitolato lo stadio di Napoli».
Solo questo? «Per la verità mi piacerebbe anche che la Società sportiva riconoscesse di più il suo passato di calciatore, magari attraverso una partita e un museo per ricordarlo».
Nel suo libro «Il resto della settimana» ci sono pagine in cui lei racconta di Maradona chiamandolo Lui, con la l maiuscola. «Sì, Lui. Non era necessario farne il nome. Come neanche di Napoli. Resterà il nostro riferimento. Il nostro scugnizzo. Il capitano».

Factory della Comunicazione

Gino Giaculli (Il Mattino)

Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.