Era l’estate 1999 quando un giovane Rino Gattuso (21 anni all’epoca) doveva il grande salto dalla Salernitana al Milan fresco campione d’Italia. Sulla panchina dei rossoneri c’era Alberto Zaccheroni che fin dal primo giorno ha apprezzato del giovane Gattuso carisma e personalità, prima ancora dell’impegno in campo e della grande qualità tattica
Che tipo era nello spogliatoio? «Nonostante la giovane età e la provenienza da una squadra come la Salernitana, mise subito in mostra grande personalità. A cominciare dal campo, perché entrò in concorrenza alla pari per una maglia da titolare con Albertini e Ambrosini, gente che l’anno prima aveva vinto lo scudetto: non era semplice».
Con lei ha collezionato 22 presenze in campionato e anche 5 in Coppa dei Campioni. «Non ho mai regalato nulla a nessuno: tutto quello che ha avuto Rino se lo è sempre guadagnato».
Nello spogliatoio che tipo era? «Non era uno che alzava la voce, anche perché in quello spogliatoio c’era gente come Leonardo, Maldini, Costacurta, Weah, Albertini, tutta gente di una certa esperienza. Rino aveva un carattere forte ma rispettava i senatori».
Ora da allenatore, invece, è diventato uno che prende di petto lo spogliatoio: se lo aspettava? «Lui conosce gli uomini e tocca le corde giuste di volta in volta. Se la squadra deve essere più cattiva perché è leziosa, e questo Napoli a volte lo è, lui interviene e chiede più furore. E lo fa soprattutto quando non vince. Poi se la squadra invece è esaltata da una grande vittoria, smorza i toni e dice che ci sono squadre più accreditate. Insomma, è molto sveglio ed è uomo di mondo: sa come gestire ma soprattutto sa catturare gli uomini prima che i calciatori».
Cosa intende? «Magari può farlo con le buone o con le cattive, ma il suo è l’atteggiamento del padre di famiglia che ha dieci figli».
E secondo lei funziona? «Io ho sempre spiegato tutto a tutti, perché essere chiari è alla base. Non parlavo moltissimo, ma nemmeno giravo attorno alle cose. Partivo da quelle che avevano fatto bene, perché se vai subito sui punti dolenti, i giocatori vanno in difesa. Invece è insieme che si costruiscono le squadre. Così facendo non ho mai avuto grossi problemi di spogliatoio».
Cosa direbbe a Gattuso dopo le ultime frasi alla squadra? «Usare sempre il giusto dosaggio nello spogliatoio, perché in ogni cosa tutto dipende da quello».
Ovvero? «Se provi a fare di tutto come è stato per il Napoli contro il Milan, e poi non viene il risultato, è anche normale che la squadra sia più nervosa. Ma Rino non ha bisogno di consigli: è stato un uomo spogliatoio importante e capisce quando si deve mettere pressione o ridurla. Il buon senso suggerisce sempre: quando la squadra ha dato tutto non bisogna farsi prendere dal risultato. La prima cosa che dobbiamo ricordare noi allenatori è il rispetto dei ruoli. Poi se ha detto certe cose, evidentemente era giusto dirle: lui vive lo spogliatoio».
A Napoli si è passati dalla gestione più alla buona di Ancelotti al pugno duro di Gattuso… «Rispetto a Carlo, Rino è diverso, ma entrambi sanno catturare i propri uomini. Poi ognuno ha le sue tecniche e il suoi modi di fare: non tutti possiamo essere uguali».
E allora cosa manca a questo Napoli? «Deve fare gol. Il Napoli di Sarri che lottava per il titolo aveva tanti uomini che facevano gol: Higuain, Callejon e Mertens. Adesso manca il bomber. Chi va in doppia cifra? Dovrebbe andarci Osimhen, ma non mi sembra un cecchino alla Higuian. Con Rino tutti giocano bene e lui ha mille soluzioni dietro la punta: molti assist e pochi tiri. Ma le partite si vincono coi gol fatti e non subiti. Se non la butti dentro, perdi la fiducia. Rino sta facendo un grande lavoro da un punto di vista mentale e tecnico, ma devi buttarla dentro altrimenti perdi sicurezza e diventi nervoso».
B. Majorano (Il Mattino)