Amarcord – Rubrica di Stefano Iaconis: “La coda della sirena”

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La sfera schizza fuori dalla lampada, e si accomoda dinanzi al Genio. Fa un rimbalzo, pigro, scendendo perpendicolarmente, come una voluta di fumo nella quale scintilla la magia che sta per venire. Il Genio ha il numero dieci sulla schiena tatuata dall’ azzurro. La fascia bianca, al braccio, gli conferisce il comando supremo del prato. Il Genio sa esattamente cosa sta per accadere. La sfera, richiamata dall’ ipnosi che la calamita verso il piccolo calciatore dalle fattezze scure, ricade esattamente lì, dove il Genio le impone di ricadere. Semplicemente con la forza del pensiero. Il Genio con il dieci è solo, nella metà campo di quelli in giallo, che hanno lo scudetto cucito sull’angolo alto del petto. Il simbolo del potere. Dei campioni. Il Verona, campione d’ Italia in carica, sta subendo una lezione memorabile, al San Paolo, contro il Napoli guidato da quel manigoldo dagli occhi neri come carbone, ed i piedi immersi alla nascita nella pozione magica del talento. Due a zero, a metà ripresa. Con lo stadio che gongola, canta, salta. Ed irride. E suona di piacere. Il Genio lancia un’ occhiata frettolosa e sorniona verso la porta avversaria. Che dista cinquanta metri. Un bersaglio lontano dove il portiere del Verona, dai capelli ricci ed il destino che lo condurrà ad essere scudiero del Genio prima, e ad una fine terribile poi, guarda, ignaro. Maradona flette quel suo sinistro, il cui calco è stato preso dal dio del football, il piccolo piede quasi accarezza la sfera, con l’ esterno, imprimendole non la tonante potenza che un dio stesso farebbe balzar fuori, no; piuttosto pare il movimento carezzevole che fa la coda di una sirena immergendosi nell’ acqua scintillante. La palla viaggia via veloce, disegnando un arco grazioso, accompagnata dal mormorio stupefatto di un intero stadio. Che diviene grido. Poi urlo. Infine tramestio, quando la palla vira improvvisamente verso il basso, alla fine del suo volo perfetto, e si incastra tra palo e traversa della porta veronese. Con Giuliani, il povero Giuliani, che si impiglia nelle trame della rete, come farebbe un pesce che trova la rete dei pescatori, per sfuggire a quella sirena. La partita finisce, poi, cinque a zero, ma il gol del Genio mette il sigillo. Che, come una pietra preziosa, si incastona nel muro dell’ indimenticabile. Da riguardare. E ancora. E ancora. E ancora. Per sempre.

Factory della Comunicazione

a cura di Stefano Iaconis

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