In tutta Europa, a causa dell’emergenza sanitaria, la parola d’ordine è “austerity”. A muoversi in questa direzione è ad esempio La Liga spagnola, che ha ridotto il tetto salariale aggregato dei club di prima divisione dai 3,2 miliardi della stagione 2019/20 ai 2,3 miliardi del campionato in corso. Una scelta obbligata per tenere in piedi l’industria calcio.
L’allarme di Marotta. Sulla stessa linea di pensiero è Beppe Marotta, ad dell’Inter, che, chiede, a gran voce, di «fare sistema per la riduzione del costo del lavoro ed evitare il default». I numeri sono sotto gli occhi tutti. «Nelle ultime quattro stagioni, a fronte dei 4 miliardi di fatturato, la Serie A ha speso 700 milioni in più, richiedendo ai rispettivi azionisti una ricapitalizzazione complessiva di 2,5 miliardi», ha spiegato il dirigente nerazzurro.
Purtroppo il costo dei salari supera in media, in tutti i club, l’asticella del 50%, raggiungendo quota 85% se si considera anche la voce “ammortamenti”. Senza un ridimensionamento generale, proprio in tempi di Covid-19, questo sistema rischia il fallimento. I club saranno chiamati nuovamente a ricapitalizzare e solo le proprietà più solide potranno reggere all’impatto di uno tsunami senza precedenti. Le società di A sono partite in questa stagione con un monte salari (pari a 1,28 miliardi di euro) inferiore al campionato precedente (1,36 miliardi), ma la riduzione applicata in media (nel complesso il 5%) è quasi ininfluente se si analizza il rapporto costi-ricavi totali. Con questi numeri la sostenibilità della Serie A è fortemente a rischio. Nei cinque anni precedenti, tra l’altro, questa voce è sempre cresciuta, con aumenti compresi tra il 3% e il 20%. (*) direttore agenzia Sporteconomy.it