Amarcord – Rubrica di Stefano Iaconis: “L’uomo del Porompompero”

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Una partita come tante, tre a zero veloce, e via. In un tempo brevissimo. In un pomeriggio di febbraio, di quasi primavera. Il Napoli maramaldeggiava contro il Lecce, sul rettangolo, ed in tribuna tutti stavano con l’ orecchio alla radiolina, a “sentire” cosa stesse facendo il Milan. Il sole incorniciava lo stadio. Spuntavano qui e lì i primi coraggiosi a “mezze maniche”. Via i giubbotti, i piumini. La primavera infiorava nel canto di uno stadio gremito fino all’ ultimo scalino. Come sempre. Un allegro boato, quando la sua chioma bionda da scapestrato, apparve sul bordo del campo. La sua figura ossuta, nervosa. E lo stadio lo acclamò. Perchè Ricardo Rogerio de Brito, “Alemao”, tornava. Dopo sette mesi. Una malattia infida e pericolosa. Una epatite. Che lo aveva tenuto lontano. Alemao tornava. Ed in quel ritorno il popolo napoletano, nella sua trepida scaramanzia, leggeva auspicio di benevolenza del destino. Il Milan, quel Milan, era incredibilmente forte, ed anche l’aiuto degli dei del calcio, nonostante Maradona, era il benvenuto. Entrò in campo, e dopo qualche minuto, proprio lui, Alemao, realizzò il gol del quattro a zero. E lo stadio, improvvisamente, prese a cantare. Porompopero. Un samba che si dispiegò da un lato all’altro del catino, sorgendo dal cuore del tifo azzurro. Porompompero. Contagioso, una danza canora accompagnata dal ritmo del palleggio sul prato degli uomini in maglia azzurra a cadenzare quella nenia del suo popolo. Porompompero. Restò a lungo, quando un ” giorno all’ improvviso” non era nemmeno il filamento embrionale di una tifoseria capace di partorire cori che restano nel tempo. Porompompero. Che fece il giro della penisola. Incessante. Alemao, l’ uomo del Porompompero di quel pomeriggio di febbraio, indimenticabile. Come indimenticabili restano alcuni episodi che lo videro protagonista. Lui, un brasiliano dai piedi capaci di ricamare e cucire. Di predare e soffocare. Segnò a Stoccarda il gol che aprì la strada alla notte nella quale il Napoli incise il suo nome nella storia europea del football. Quella palla saltellante che si infilò tra il palo ed il portiere dopo aver seguito una traiettoria strana. Ed a Bologna mise il sigillo al secondo scudetto. Realizzando il quattro a due, in campo aperto, nel delirio azzurro, mentre quel Milan, incredibilmente forte, naufragava a Verona. E resta la sua foto, in quel di Bergamo mentre tra le braccia di Carmando abbandona il campo dopo esser stato colpito al capo dalla fatidica monetina, in uno degli episodi più discussi nella storia dei dibattiti televisivi pallonari. Alemao ha lasciato la sua impronta. Indelebile. Come il ricordo del suo talento. Ma quel pomeriggio, quando nacque il Porompompero, rimarrà intatto nella memoria. Ricardo Rogerio de Brito, in arte Alemao. Corre, corre veloce. Ancora. E mentre lui corre, Porompompó, poromporompomperoperó, canta un coro nella nostra fantasia.

Factory della Comunicazione

a cura di Stefano Iaconis

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