Ferrara su Maradona: “La stella da seguire, insieme al mio rimpianto”

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Raccontarsi attraverso Diego, si può. O, almeno, Ciro Ferrara può e lo fa. Racconta se stesso, la sua carriera e i suoi trionfi attraverso il rapporto con Maradona. Non croce e delizia, come si è soliti dire, ma cuore. Il campione e l’amico da cui ereditò la fascia nel 91, nel libro Ho visto Diego e dico o vero (Cairo Editore, pagg. 224, euro 16): sarà nelle librerie da giovedì 22, otto giorni prima del sessantaseiesimo compleanno dell’ex campione.
La Napoli borghese che incontra il figlio povero di un barrio argentino, questo sono stati Ciro e Diego, fin da quel primo ritiro a Castel del Piano («All’inizio gli davo del lei») e nei sette anni più belli e vincenti. Ferrara racconta,  senza ipocrisie, anche il rapporto con un uomo prigioniero della cocaina. E, con onestà, il suo rimpianto…Quando alle 23 ascoltava il rombo del motore della Ferrari che usciva dal garage di via Scipione Capece 3/A, capiva che Maradona si avviava verso le sue notti sbagliate e che dunque, il giorno dopo, non si sarebbe presentato all’allenamento al Centro Paradiso. «Diego era il nostro leader indiscusso, ma da un certo punto di vista iniziò a diventare come un figlio sregolato da seguire con preoccupazione», scrive Ferrara. Pagine raccontate con dolore anche dopo trent’anni. «I problemi di Diego stavano diventando sempre più importanti, come un’onda destinata a travolgere tutto. Noi avevamo imparato ad amarlo, percepivamo il pericolo, ma allo stesso tempo continuavamo a nutrire una fiducia insensata in una svolta positiva che, per come Diego ci aveva abituati, sarebbe potuta arrivare da un momento all’altro. Riguardando tutto adesso da qui, mi rendo conto che non fu una direzione logica a guidare le nostre scelte, sbandavamo anche noi insieme al nostro capitano, empatizzavamo a tal punto che perdemmo la capacità analitica necessaria per fortificare noi e aiutare lui». Ed ecco il rimpianto: «Non essere riuscito a confrontarmi lucidamente e intimamente con lui, non essere stato capace di aiutarlo in maniera concreta. Non sarebbe stato assolutamente semplice, sia chiaro, già solo per il suo carattere: in pochi sono riusciti nel tempo a fargli cambiare abitudini o anche soltanto un’idea. Non so se sarei stato in grado o se lui mi avrebbe mai permesso di seguirlo nelle profondità di quell’oceano burrascoso in cui affogava, ma avrei dovuto perlomeno provarci. Se lo avessi fatto, oggi mi sentirei certamente più sereno». Chi era Diego, il campione straordinario e non l’uomo drogato? «La stella da seguire, sulla rotta verso ogni trionfo».

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Fonte: F. De Luca (Il Mattino)
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