«Un po’ alla volta ai calciatori va detto ciò che non è più rinviabile e che è sotto gli occhi di tutti: per portare a termine il campionato serve restare tutti in ritiro, in bolla come dicono adesso. Non vedo altre soluzioni». Sandro Mazzola non ha fatto solo la storia del calcio italiano in campo. Ma anche fuori. Con Bulgarelli e Rivera è stato tra i promotori del sindacato dei calciatori («Per sminuirci ci chiamavano il sindacato dei miliardari», ricorda ancora il Baffo) che venne poi fondato con De Sisti, Juliano e altri nel 68.
Cosa farebbe ora lei se fosse alla guida dell’associazione calciatori? «Con grande sofferenza, prenderei l’iniziativa di chiamare i capitani delle squadre e cominciare a ragionare su quella che è la strada per uscire fuori da questa enorme confusione. E la via da seguire è quella di isolarsi almeno fino alla fine dell’anno. Solo così si potrebbe evitare il taglio degli stipendi e lo stop delle partite».
Pesante? «Pesantissimo. Però è una soluzione che non può essere imposta, ma deve essere discussa. Magari a qualcuno viene in mente qualcosa di diverso per evitare i contagi e per garantire il regolare svolgimento della serie A. Ma serve una discussione, certo non possono essere da soli i presidenti a dire quello che i calciatori devono fare».
Però sono i presidenti che devono fare i conti con dei bilanci al limite del fallimento. «È vero, ma anche adesso penso che funzioni come ai miei tempi: se la squadra non era d’accordo con il ritiro, c’era chi la notte si calava dalle finestre o per raggiungere le proprie amiche o magari qualche bisca per giocare a carte o altro. E lei crede che non sia diverso adesso? Per questo è importante il dialogo, ma per molti versi questo è un altro 1968. Nel senso che dovranno essere prese decisioni durissime, in un periodo unico nella storia di tutti. Non solo nella storia del calcio».
Serve voltare pagina, a sua avviso? «Quello che non serve è avere uno scontro tra calciatori e società. Quello a cui bisogna pensare è la sopravvivenza del calcio di serie C e di serie D che secondo me è seriamente a rischio. La serie A ha dei doveri nei confronti di tutto lo sport, ed è per questo che c’è la necessità di fare dei sacrifici».
La bolla sul modello Nba non è semplice da applicare per tutti? «Questo è vero, perché non tutti i club hanno centri sportivi come Appiano Gentile o Milanello, ma sono dei costi organizzativi che le società devono affrontare. Solo così si possono ridurre i rischi di contagio tra i calciatori, solo così si può pensare di arrivare alla fine di questa stagione».
Ma i calciatori sono pronti a fare questo passo, a suo avviso? «Queste nuove generazioni hanno più cultura e preparazione della mia e non sono affatto insensibili alle necessità del calcio. Non sono stupidi, sanno bene che il calciatore-azienda non può correre il rischio di prendere il Coronavirus perché può durare pochi giorni come Ibrahimovic ma pure molte settimane. E allora se viene spiegato, non imposto oppure ordinato, che il ritiro senza contatti con l’esterno è il vaccino per evitare questo contagio, credo che difficilmente ci possa essere chi dirà di no».
Mazzola dirigente come farebbe? «Beh, con la mia esperienza userei un trucchetto: chiamerei a raccolta i calciatori, mostrerei di dati, la curva dei contagi, farei trasparire la mia preoccupazione e chiederei cosa pensano sia giusto fare per evitare di essere contagiati. I calciatori di adesso si occupano di tutto, non solo di allenamento. Va bene il rispetto di protocolli sanitari, ma poi tutti vanno a casa, hanno contatti con i proprio figli e il Covid è in agguato. Sono sicuro che tutti loro, anche per salvaguardare i propri stipendi, direbbero di andare in ritiro».
Intanto, domenica c’è il derby del Covid-19. Chi lo vince? «Anche per numero di positivi, sarà sempre l’Inter davanti a tutti».
Pino Taormina (Il Mattino)