IDEE E BATTAGLIE
Aurelio De Laurentiis è lo stesso, però, che nel 2004, quando aveva appena preso a calci il pallone, s’era sistemato sul proprio decoder e aveva cominciato a sbracciarsi, per raccontare dello stadio virtuale, del futuro da vivere in poltrona, di un mondo che velocemente stava cambiando ed andava accolto studiando le metamorfosi e le trasformazioni che ora hanno trascinato nei fondi e nella private equity e alle media company. L’ennesima battaglia affrontata a muso duro per scorgere un orizzonte nuovo.
LA CONTROVOCE
Il suo sogno si è sempre chiamato globalizzazione, nel suo lockdown è stato rapito da The Last Dance, la sua (contro)voce ha squarciato il silenzio e nelle strategie non ci mette mai calcolo, incurante di guadagnarsi simpatie, consapevole di andare incontro all’antipatia. Il consenso è un dettaglio marginale, che viaggia assai ai limiti della sua vocazione da “rivoltoso” e della narrazione d’un personaggio mica accomodante.
WHY?
Eppure c’è una domanda, l’unica e forse anche la principale, che trotterellando di qua e di là De Laurentiis non sia riuscito a scorgere per lenire una sofferenza che gli appartiene: ma come sta? E’ un virus pure quello. Fonte: CdS