Una leggenda da stadio vuole che, un giorno, ed era proprio una domenica, sua Santità il Papa si affacciasse dal balcone di San Pietro per la consueta omelia. La stessa leggenda vuole che esordisse rivolgendosi alla folla dei fedeli che gremivano il sagrato, chiamandoli “pellegrini”. Nulla di strano. Se non fosse che, quella domenica, il Napoli di Marchesi, si sarebbe di lì a poco esibito all’Olimpico. Contro la Roma. E che al centro del suo attacco la formazione azzurra schierasse Claudio Pellegrini. Attaccante che, in quella stagione, stava facendo faville guidando il Napoli dentro una lotta al titolo impari, contro i consueti, eterni rivali in bianco-nero. La leggenda vuole che, sul sagrato, si scatenasse un putiferio, e che la tifoseria napoletana si lasciasse andare ad un giubilo incontenibile. Il divo Claudio, centravanti del Napoli che tornava a recitare un ruolo di prestigio nel panorama calcistico, omaggiato dall’ uomo in bianco, pensarono tutti. Claudio Pellegrini è stato un autentico rivoluzionario del football. Nessun movimento smarcante, nessun taglio dietro l’ ultimo difensore, in agguato sul palo lontano, oppure in verticale sul filo del fuorigioco a dettare il passaggio. Lo schema, partorito sull’ asse Rudy Krol – Pellegrini, prevedeva il lancio lungo, che il magistrale piede obice dell’ olandese disegnava, con una parabola di cinquanta sessanta metri perfetta, e la seguente volata dell’attaccante partenopeo che spesso, assai spesso, si tramutava in gol. Ne segnò molti così. Damiani e Musella erano gli altri componenti di un tridente offensivo assortito in una mescola di talento potenza ed astuzia che permise ad una squadra affatto formidabile, di sfiorare il titolo. Il 23 Novembre del 1980 Pellegrini realizzò, probabilmente, il gol più celebre nella sua esperienza in maglia azzurra, lunga cinque anni, con una parentesi di un anno ad Avellino. Quel gol issò il ciuccio in testa alla classifica, dopo un lungo periodo. E poche ore dopo la città fu scossa da un devastante terremoto. Tempo dopo si disse, sorridendone, che il Napoli al comando del torneo aveva causato l’apocalisse. Potenza dissacrante di un popolo capace di non perdere mai la forza della sua ironia. Ed il gol più importante, invece, fu quello che Pellegrini terzo, rappresentante di una schiatta di calciatori che calcarono i prati della serie A italiana, non realizzò mai. Per un nulla. Accadde contro il Perugia. In quel maledetto giorno di maggio. Claudio colpì il palo di Malizia. A porta vuota. Ci pensò per lungo tempo. E ci pensa ancora. Forse quando cammina lungo il mare di Via Caracciolo, con il vento che gli frusta i radi capelli di una chioma bionda che fu, le mani nelle tasche del cappotto, in novembre. Mentre guarda il Vesuvio, che un suo gol fece sussultare. Di terrore e piacere.
a cura di Stefano Iaconis