Fabio Cannavaro: “Il calcio ai tempi del Covid è davvero strano. Gattuso? Esprime un calcio offensivo”
Il tecnico del Guangzhou ai microfoni del Corriere dello Sport
Chiusa in quell’enorme bolla, che poi dovrebbe essere un pallone (d’oro?), c’è la vita che scorre, con le sue traiettorie irregolari, che catturano pensieri e li triturano in una diversità totale: bisogna pur continuare, ma senza far finta che sia successo niente, e per ora c’è un solo modo, continuare a «mascherarsi», difendersi e guardare oltre un orizzonte limitato. Fabio Cannavaro ha fissato il suo sguardo sul Mondo, sempre, e osserva il centro del proprio Universo inseguendo sogni con il Guangzhou: campione in carica, primo in classifica, il Made in Italy con gli occhi a mandorla ha un suo perché.
Il calcio al tempo del Covid è un’altra cosa? «È così strano quasi da non sembrare calcio. Otto squadre in un solo albergo, due piani a testa, un isolamento necessario che però costa dal punto di vista psicologico ai calciatori. Giocheremo questi gironi in settanta giorni, da affrontare senza poter mettere la testa fuori da questo enorme centro sportivo, modello Nba, però l’organizzazione è inappuntabile».
È l’esistenza stessa a che è cambiata. «E bisogna essere responsabili, come qui in Cina. Controlli ovunque, eventualmente la quarantena per chi arriva da fuori, un rigore che sta dando risultati, perché i contagi si contano sulle dita di una mano».
La Champions pure sembra “alterata”. «Un po’, ma solo un po’, dipende dalle evoluzioni dei campionati, dalle scelte che sono state differenti nei vari Paesi; ma chi ha riposato di più non ha avuto poi così tanti vantaggi. La verità va cercata nel concetto di calcio, che varia: in Germania c’è una scuola, una corrente di pensiero, che non a caso porta le società sistematicamente tra le Grandi d’Europa e la Nazionale puntualmente ad essere protagonista del Mondiale».
Senza Messi, Ronaldo e Guardiola se ne è andata un’epoca? «Messi e Ronaldo restano due giganti e Guardiola ha la capacità di cambiare che lo rende immenso. Però è vero che a Barcellona aveva uno dei più grandi di sempre, i due centrocampisti spagnoli che hanno contribuito a fare la storia, Henry e una schiera di calciatori pazzeschi: questo gli ha consentito di investire su un’idea che rimane come pietra miliare».
Ma il tempo è volato via e il virus ha ritoccato i parametri… La tecnica resta prioritaria ma la novità ora è nella fisicità e nell’atletismo. Io sono rimpasto impressionato dal Lipsia, oltre che dal Bayern Monaco, perché non solo corrono ma rimodellano il loro football nelle due fasi. Il Psg, che ha talenti ovunque, ha faticato tantissimo contro l’Atalanta di Gasperini».
Ci sono tre campioni del Mondo sulle panchine della prossima serie A? «Quella Nazionale, direi quella generazione, ha avuto maestri sensazionali. Ora si può pensare che siamo un po’ tutti figli di Lippi o di Ancelotti, che è stato il nostro allenatore, o anche di Capello, ma io ho – come loro – avuto la fortuna di averne altri: Malesani e Ulivieri, Sacchi e Trapattoni, e ciò è servito per arricchirci».
Cosa ha detto a Pirlo? «Gli ho mandato subito una serie di messaggi, tra cui l’ultimo, nel quale gli ho scritto: ha ragione Rino, mo’ so c… tuoi».
Cosa l’aspetta? «Quello che sa: all’inizio curiosità, forse anche benevolenza, perché un uomo del suo spessore ne merita, ma alla quinta partita, uscirà da questa zona protetta e finirà per ritrovarsi accerchiato dalle difficoltà che vive ogni allenatore. Attenzione: siamo al cospetto di un ragazzo intelligentissimo, che ha una visione già fatta del calcio. Saprà gestire ed allenare, non ci sono dubbi, e si ritroverà la Juventus – dico la Juventus – al fianco. Ma gli verranno chiesti i risultati. E anche in fretta».
A Sarri hanno tolto la panchina dopo un anno. «E sono rimasto stupito, perché la sua mentalità si cominciava a intravedere. Ha avuto difficoltà – penso alla polmonite all’inizio, alla necessità di diffondere i propri concetti, al Covid – ma la sua Juventus stava provando a imporre il proprio sistema. Esperienza cominciata male, con quel malanno che gli ha sottratto un mese e anche più di ritiro, e finita peggio».
Gli eroi di Berlino si impadroniscono della serie A… «Ma ci sono anche altri campioni del Mondo che premono e che hanno avuto meno fortuna, per il momento, come Oddo e come Grosso; c’è Nesta che si sta giocando la serie A con il Frosinone».
Gattuso, Inzaghi e Pirlo: a chi guarda, Cannavaro? «Rino è quello che può presentarsi con maggiore esperienza. E a me lui piace tanto, lo confesso, perché si è aperto anche alla fase offensiva. E’ cambiato, ha studiato, soprattutto conosce giocatori di ogni angolo della terra».
Per esempio, Osimhen. «Il Napoli è una grande squadra, dal punto di vista tecnico, si porta appresso il palleggio di Sarri, sul quale Rino ha insistito. Il centrocampo azzurro è straordinario, c’è abbondanza di piedi buoni, e comunque è la struttura che impressiona. Ha pagato un anno disgraziato, ma per me rientra tra le prime quattro».
In un campionato che… «Mi sembra più aperto, anche se la Juventus, visto chi c’è, resterà quella con l’organico più forte e con CR7. Però siamo alla vigilia di una scoperta: non è possibile prevedere cosa accadrà con Pirlo, come sarà il suo impatto. E la Lazio è reduce da una stagione entusiasmante; l’Inter ha calciatori di rispetto e un allenatore che pesa; il Milan ha approfittato del lavoro di Pioli alla distanza; l’Atalanta resterà tra le sicure protagoniste. Chi mi ha deluso è stata la Roma e ora bisogna verificare gli effetti del cambio di proprietà: c’è un mese di tempo per il mercato, ma tranne Napoli e Inter, nessuno è intervenuto».
Siamo in una fase di evoluzione o il calcio si è fermato? «Restano tracce di innovazioni e quelle tedesche più sembrano siano maggiormente proiettate nel futuro: centri sportivi, squadre femminili, settori giovanili. Si respira aria fresca, sempre. Però siamo sempre stati rapiti dal modello Premier o da quello della Liga: e invece in Germania hanno lavorato per il cambiamento. Sono più avanti, non c’è niente da obiettare».
E lei quando torna? Con rispetto, e senza volerla adulare, ma l’Italia non può lasciare all’estero un suo pallone d’oro. «Ho contratto con il Guangzhou Evergrande, uno dei club più evoluti che ci siano. Mi creda, qui c’è tutto quello che serve per fare calcio di altissimo livello. Ci sto bene, anche se mi manca la mia famiglia: ma tra poco arriva mia moglie; poi aspetterò i ragazzi, che crescono, ormai sono grandi. Sono felice e con Paolo mio fratello stiamo facendo un buon lavoro. Qui si sta bene e il Covid lo affrontano seriamente».
Antonio Giordano (CdS)