Quando saltava in piedi, indicando l’ orologio sul polso, con l’ indice della mano a mo’ di monito, puntato sul quadrante, un’ onda sonora deflagrava sulle tribune. Come ad un segnale convenuto, lo stadio si animava. Aspettando il finale. Allora lui, Walter dal ciuffo hollywoodiano, si levava la giacca. Restando con indosso solo la camicia immacolata. Bianca. Come una bandiera. Un vessillo. Non di resa però, un vessillo che incitava all’assalto. La camicia e l’ orologio. I simboli della carica. Le trombe dell’assalto. Lui si stagliava sul bordo del campo di gioco, oltre la sua panchina, i piedi a volte sul prato, come in preda ad una furia ossessiva. E la squadra rispondeva. Lo stadio stesso rispondeva. Napoli rispondeva. E’ stato, quello di Walter Mazzarri, il Napoli degli albori. Quello che ritornava dal Purgatorio delle serie inferiori. Mondato dal suo antico dna. Forgiato nel fuoco sacro del suo nuovo condottiero. Disegnandosi uno spicchio di notorietà in quell’ Europa che da sempre ha voltato le spalle alla squadra azzurra. Relegandola con un sorrisetto beffardo nell’anonimato. Il Napoli di Mazzarri è stato quello che lanciava la sfida. La squadra che, quando la clessidra del tempo stava per terminare la sua corsa sabbiosa, avvicinandosi al novantesimo, sussultava. Agitandosi. In preda ai marosi emozionali del suo tecnico. Il Napoli dei tre tenori. Un capitano dal talento calcistico sinfonico, e piedi come bacchette magiche. Un argentino arrivato per caso, che si sedette sui cuori dei tifosi napoletani su cuscini di velluto. Un uruguagio. Un dioscuro. Un dio. Un uragano. Un uomo bionico capace di gesta sul terreno di gioco indimenticabili. Hamisk, Lavezzi, Cavani. E Mazzarri. Con il suo orologio, la sua giacca levata via. La sua camicia bianca. Rimonte indimenticabili. La furia impossibile da contenere di tre uomini che caricavano sulle proprie spalla il resto della formazione. Quando Walter il toscano saltava su. Poi vennero disegni tattici. Geometrie studiate dentro movimenti ripetuti a memoria. Vennero dettami da seguire. Giocatori interscambiabili nei loro doveri sul prato. Vennero moduli. Ma prima di questo, il primordio dell’ emozione pura. Un età calcistica, il suo anno zero, nel quale l’ istinto prevalse su ogni cosa. Un calcio come raramente si era visto da queste parti. Piacesse o no, quel Napoli divertiva. Scatenava intorno a se un turbine di simpatia e rispetto. Quel Napoli, il Napoli di Mazzarri, resta dentro il racconto del calcio. Come una di quelle stampe antiche che immortalano una grande battaglia. Ed in rilievo un uomo in camicia bianca, in piedi. Davanti a tutti. Signore del tempo.
a cura di Stefano Iaconis