L’inchiesta -“Clan, pressing sul Napoli per l’assunzione di Grava” De Laurentiis, è falso
Ha negato di aver subìto ricatti alla camorra o di aver ricevuto condizionamenti da ambienti del tifo legati al crimine organizzato. Anzi: a sentire la sua ricostruzione, tutta la sua condotta di presidente del calcio Napoli è stata orientata a prendere le distanze da scenari opachi o da soggetti vicini ai clan. Poi, per essere chiari ed entrare nel merito delle indagini: la scelta di Gianluca Grava come dirigente del settore giovanile del calcio Napoli non fu dettata da un «consiglio» del clan Lo Russo di Miano, ma da motivi professionali, al riparo da qualsiasi altro movente.
IL FASCICOLO
Dura quasi un’ora il racconto di Aurelio De Laurentiis, nel chiuso di una stanza della Procura di Napoli. Al cospetto del pm Francesco De Falco, il presidente del Napoli è stato convocato come persona informata dei fatti o come potenziale parte offesa in una storia di presunte minacce. Inchiesta per tentata estorsione ai danni della società azzurra, che prende le mosse da quanto dichiarato alcuni mesi fa dal narcos-tifoso-pentito Gennaro De Tommaso, passato tristemente alla storia come Genny a carogna. Ricordate la vicenda raccontata dall’ex capo dei Mastiffs? Ne ha parlato il Mattino lo scorso ottobre, quando vennero depositati gli atti di una informativa nata dalle dichiarazioni di De Tommaso e le esigenze di «precisazioni sui rapporti con la società sportiva calcio Napoli». In sintesi, De Tommaso sostiene di aver incontrato De Laurentiis e il dirigente Alessandro Formisano per prospettare loro quanto gli era stato chiesto da due esponenti del clan Lo Russo di Miano.
Cosa? «Che l’ex calciatore Gianluca Grava doveva interessarsi del settore giovanile». Un ricostruzione, quella messa agli atti, rimasta del tutto priva di riscontri, ma che ha spinto la Procura di Napoli ad ipotizzare l’accusa di tentata estorsione, in un fascicolo che ora – anche alla luce della testimonianza di De Laurentiis – dovrebbe essere destinato all’archiviazione di tutte le posizioni finora analizzate.
LA REPLICA
Conosciuto come un professionista serio ed estraneo ai circuiti dell’illegalità, Gianluca Grava si è sempre detto pronto a difendere la propria onorabilità, respingendo ogni genere di illazione sul suo conto. Ma torniamo al racconto messo ieri a verbale da parte di De Laurentiis. Oltre a negare qualunque condizionamento nella scelta di Grava, De Laurentiis ha anche respinto l’ipotesi di un incontro nei suoi uffici con De Tommaso e un altro capo delle frange estreme del tifo organizzato. Stessa determinazione sfoderata lo scorso autunno da parte di Formisano, che – oltre a negare incontri con i due boss-hooligan -, ha ricordato le tante iniziative in favore della legalità messe in campo dal club azzurro.
Ma non è l’unico punto messo a fuoco da De Tommaso. Immortalato il 3 maggio del 2014, a cavalcioni sulla staccionata dell’Olimpico mentre tratta con l’ex capitano azzurro Hamsik (dopo il ferimento mortale di Ciro Esposito), per dare inizio alla finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina, De Tommaso sostiene di aver avuto anche altri ingressi nel club partenopeo. Come quando andò a fare pace con Lavezzi, dopo averlo redarguito perché frequentava una discoteca dove giravano persone non alla sua altezza, non degne di frequentare un mito dello sport azzurro. Uno scenario opaco tracciato da De Tommaso, che di recente è stato riconosciuto dalla Corte di appello di Napoli come un pentito affidabile, attendibile, dunque meritevole del beneficio della collaborazione con la giustizia: tanto da incassare uno sconto di 13 anni di cella, passando da una condanna a venti anni a sette anni, per vicende di narcotraffico.
Leandro Del Gaudio (Il Mattino)