Gattuso: “Napoli è una città che non ci aiuta, ci distrae!”

«Belle isole, sole, barche, qui si sta troppo bene...»: il tecnico tira fuori la fama di città tentatrice

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Non è mica necessario urlare per farsi sentire: e dietro quella maschera, un ghigno o un sorrisetto malizioso, vai a capire, Gattuso ci ha messo un pizzico d’ironia, per condire un messaggio che aveva un solo obiettivo e l’ha centrato, arrivare dritto al cuore del Napoli. «In questo momento questa città non ci aiuta: ci sono belle isole, il sole, tante barche». E’ il prezzo da pagare a un paesaggio che cattura, era già successo in passato, e però stavolta, quando all’orizzonte s’intravede già il Camp Nou, e una partita che vale – senza retorica – pure la Storia, forse è arrivato il momento di «navigare a vista».

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E’ andata più o meno così, dopo che la Coppa Italia è stata sistemata in bacheca e sul passaporto per l’Europa (League) ci si è ritrovati con la qualificazione garantita: «A tratti abbiamo spento la luce, e questo è un dato di fatto». Nelle tenebre del San Paolo, quando il 2-0 sul Sassuolo ha provveduto a spargere una sana euforia da non ostentare, per non ritrovarsi poi a doverla mitigare dinnanzi al Var, Gennaro Gattuso è uscito dai propri panni di allenatore (si fa per dire) e ha indossato quello del «fratellone maggiore» che non deve mandarle a dire, ma neanche esagerare: so’ ragazzi, si sa, ed alla esuberanza di un’età che umanamente spinge a concedersi qualche strappo, s’è aggiunta anche quella piccola-grande impresa di prendersi la Coppa Italia dopo aver eliminato l’Inter in semifinale e battuto la Juventus ai calci di rigore. «Forse il calo è colpa mia, ma la verità è pure un’altra: qui si sta troppo bene e dopo la finale si è un po’ abbassata la tensione». 

LA «SCOSSA». Ci sono cose che si possono dire e altre che bisogna semplicemente sussurrare: c’è stata qualche festa di troppo, che in questa epoca-social è stata anche innocentemente pubblicata, e prestazioni che hanno indotto Gattuso, a intervenire, però senza sbraitare, cercando e trovando le parole e l’espressione giusta, che comunque ha avuto un’eco. Perché quella irruzione televisiva ha rappresentato una scossa carezzevole per ricordarsi che c’è dell’altro, ancora, e il Camp Nou è un’occasione da non lasciar adagiare sul bagnasciuga di una stagione viva.

CITTA’ TENTATRICE. Era già successo di imbattersi in uno scenario del genere, ma quella volta era diverso il clima, e furono più severe e rigorose le modalità di intervento di Aurelio De Laurentiis: marzo 2015, il Napoli esce dalla Coppa Italia, eliminata dalla Lazio, e il dopo-partita diviene «rovente». «Si va in ritiro, per fronteggiare questo momento. Napoli è una città tentatrice». A modo suo, quella fu una svolta, perché il Napoli di Benitez ebbe la forza di rialzarsi immediatamente, andando a vincere 4-1 a Wolfsburg contro una squadra piena di talento (il giovanissimo De Bruyne e anche Schurrle, Perisic e Luiz Gustavo).

CREDIAMOCI. Gattuso prima si è pronunciato vigorosamente a Castel Volturno e poi ha infarcito di leggerezza la narrazione di quest’epoca («non è semplice giocare ogni settantadue ore, tutti, ma proprio tutti, stiamo facendo cose incredibile, perché è come se stessimo giocando tre campionati in uno»), ma arricchendola con un invito a credere che ci sia ancora un orizzonte in cui potersi lanciare. «Perché la partita con il Barcellona può rappresentare per noi, per il Napoli, un evento: c’è la possibilità di poter arrivare ai quarti di finale di Champions League, e qui non è mai accaduto. Giochiamocela. E la differenza la fa lo spirito. Ma con questo mare, questo sole, questo clima, queste isole». Barca e Barça, non è la stessa cosa.

Antonio Giordano CdS

 

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