Sacchi su Ancelotti: “A Napoli non deve essere stato lui a sbagliare”

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Arrigo Sacchi a Il Mattino, tra le altre cose, parla di Ancelotti al Napoli e di come il calcio italiano non abbia la progettualità necessaria:

Le piacciono i film. Chissà come sarebbe andato d’accordo con De Laurentiis.
«È un presidente bravo, difficile, che guida la squadra di una città non facile e che mette al centro di tutto il bilancio. E quindi ogni suo obiettivo calcistico è conquistato con onestà. Perché io provo disgusto per chi vince indebitandosi. Non si vince in questa maniera».
Eppure con Ancelotti non è andata come tutti si aspettavano. Ne è rimasto sorpreso?
«A Napoli Carlo è stato accusato di una cosa che mai nessuno al mondo gli aveva imputato: di non saper gestire un gruppo. In tutto il mondo lui è famoso per questa sua straordinaria abilità. Prima o poi avrà una laurea ad honorem in psicologia. A Napoli è passato, invece, per uno che non capiva cosa volevano i suoi calciatori. Evidentemente le colpe non erano le sue, ma di qualcuno della squadra».
Che ne pensa di questo calcio in estate?
«Si doveva ripartire, tante società sarebbero saltate. E la cosa giusta da fare. Un anno fa, il sindaco di Caldarola, nelle Marche, mi invitò nel suo paese per parlare del mio libro. Era un borgo medievale a pezzi per il terremoto, la vita era nei containers. Dissi: Ma che senso ha parlare di calcio?. E lui mi rispose: Il calcio serve a distrarre, a tenere lontano i pensieri dai propri problemi. Ed è la cosa giusta da fare».
L’Italia può vincere la Champions con la Juve, il Napoli o l’Atalanta?
«Il nostro è un Paese vecchio e in crisi economica e morale, senza progettualità. Puntiamo al singolo e allo straniero, perché non abbiamo idee. L’Atalanta ricorda il mio Milan, giocano in 11, giocano insieme e non ognuno per conto suo. Ma vedo difficile un trionfo italiano in questa edizione. Anche se la formula può riservare grandi sorprese».
La riconferma di Pioli conferma che la scuola tecnica italiana ha ripreso il suo posto di comando?
«Ora faccio il tifo per lui. È cambiato, Pioli. I rossoneri non sono più quelli visti prima del Covid. È scomparso il gruppo timido, incerto, con scarse sicurezze e conoscenze. Adesso è una vera squadra, coesa, determinata e coraggiosa. Figlia della conoscenza e dell’innovazione».

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