Barbano (CdS): “Insigne non è la magia del gol, è quello che fa al 37′”
L’editoriale di Alessandro Barbano sulle pagine del Corriere dello Sport in merito alla gara del San Paolo di ieri sera tra Napoli e Roma:
“A quarantotto punti s’incontrano al quinto posto il Napoli e la Roma. Il primo è in progressione, la seconda è in stallo. C’è un’immagine che racconta da sola gli azzurri, e non è quella della magia del tiro a giro con cui Lorenzo Insigne regala all’82’ la vittoria a Gattuso. Ma quella che lo vede al 37’ del primo tempo tagliare diagonalmente tutto il campo, per andare a intercettare a destra della sua area di rigore un traversone di Spinazzola per Dzeko. Il capitano azzurro è il migliore di questo Napoli, capace di fantasia, ma anche e soprattutto di umiltà. Da lui partono quasi tutte le occasioni da gol, almeno cinque mancate nel primo tempo. Gattuso è riuscito nel miracolo di farne l’uomo squadra che, dopo la partenza di Hamsik, era fin qui mancato al Napoli. Ma non tutto è perfetto. In avanti Milik è sottoutilizzato rispetto alla sua capacità nel gioco aereo. Le triangolazioni strette rispondono allo schema del falso nove, che ha in Mertens il suo baricentro. Ma il belga è in panchina, e il polacco talvolta appare fuori dal gioco, troppo stretto per la sua falcata. In difesa un’amnesia di Manolas, bravissimo quando si tratta di placcare un avversario, in panne quando si tratta di capire dove va l’azione, regala a Mkhitaryan l’illusione di un risultato utile. Quando le squadre si allungano, anche l’armeno si ricorda di essere un fuoriclasse. Ma non basta un guizzo per ribaltare la trama della gara.
Se c’è un’immagine che racconta la Roma di Fonseca, è quella di Ibañez che al 55’, sul cross dalla sinistra di Mario Rui, si fa scavalcare da Callejon che gli è alle spalle e si limita a tuffarsi inutilmente mentre lo spagnolo insacca. La Roma è ancora una squadra distratta e timida, che si aggrappa a Dzeko nel tentativo di ritrovare in avanti una capacità di affondo smarrita. Ma gli automatismi e le percussioni, che fino a dicembre hanno tenuto saldamente i giallorossi in zona Champions, sono una memoria perduta. La manovra offensiva è lenta e macchinosa, per tutto il primo tempo Mkhitaryan c’è ma non si vede, Pellegrini gira spesso a vuoto. La condizione fisica del gruppo squadra è ancora insufficiente: se pure con spirito di sacrificio la Roma pratica un pressing costante sul portatore avversario, sono rarissime le circostanze in cui si impossessa del pallone. Il controllo del gioco è quasi sempre saldamente nelle mani del Napoli.
Tuttavia le partite post Covid sono une e trine. Ma non sono fatte della stessa sostanza. Poiché la condizione atletica dei calciatori è sempre impari rispetto allo sforzo agonistico richiesto da un confronto a una temperatura estiva. Cosicché il controllo del gioco passa ora di qua e ora di là, in un’altalena di leadership che solitamente descrive tatticamente tre tempi diversi. Il tempo del vantaggio, il tempo del pareggio, e il tempo di chi ha il fiato in più per spuntarla. Dopo il gol di Mkhitaryan, lo scettro del gioco è parso chiedersi per qualche minuto da che parte andare. Poi ha imboccato dritta la via della voglia di vincere, che Gattuso ha restituito al Napoli. E per Dzeko e compagni non c’è stato nulla da fare.
Una consolazione illumina lo spogliatoio giallorosso. Il ritorno di Zaniolo, che, con qualche comprensibile timidezza, è parso quello di sempre. È una grande notizia. Per il calcio italiano e per la Roma, sperando che quest’ultima non cada nella tentazione di cederlo. Sarebbe l’ultimo schiaffo di una dirigenza da dimenticare. «Non è vero che Pallotta è disamorato della Roma» , ha detto ieri l’ad Guido Fienga prima della gara. Ma sono i romanisti a essere disamorati di lui. Prima o poi dovrebbe rendersene conto”.
Fonte: CdS