Insigne è tornato Lorenzo ed è finalmente, definitivamente, diventato il capitano. Da quando è arrivato Gattuso lui si è messo a fare il Magnifico. Cavallo di razza con l’Inter in semifinale di Coppa Italia, splendido per sé e per gli altri in finale con la Juve, ottimo a Verona. Piedi delicati come pennelli e forza di volontà e sacrificio. Un Insigne che ricorda i tempi di Rafa e di Sarri, uno dei migliori mai ammirati: il dono calcistico è quello, chi lo ha mai messo in discussione, ma la dedizione e la capacità di coniugare testa e cuore, atteggiamenti e comportamenti, sono il simbolo della definitiva consacrazione. Lo specchio di un capitano vero. Con Ancelotti non riuscivano proprio a parlare la stessa lingua, è cronaca, ma l’incontro con Gattuso gli ha sia concesso la possibilità di tornare a recitare a soggetto il suo ruolo prediletto, nel tridente, sia di recuperare la gioia di giocare, com’è giusto che sia a 29 anni. Si chiamano appuntamenti del destino, a volte. O forse, in questo caso, è soltanto la stagione del capitano.
Fonte: CdS