Gli altri saranno immersi nel sonno, mentre Fabio Cannavaro si accomoderà in poltrona. Il calcio è ricomparso, in Italia, mentre in Cina ondeggia nell’oscurità. Napoli-Juventus è un boccata di calcio che Fabio Cannavaro insegue, con quella voracità che gli è rimasta dentro: perché un Pallone d’oro (e un Mondiale e gli scudetti e le coppe e quattordici trofei) non l’hanno ancora saziato. «Io vivo in una realtà straordinaria, di cui forse non si ha percezione altrove. E allenare mi piace. Aspettiamo che la Federazione si esprima e dìa il via libera. C’è stata una iniziale proposta di istituire due gironi da otto squadre, con mini-tornei da giocare a Guangzhou e a Shangai. Poi, con i nuovi casi di virus a Pechino, non abbiamo registrato evoluzioni: c’è chi dice che si comincerà a luglio, ma se non arriveranno decisioni non restiamo nella incertezza. E intanto tengo sulla corda questi ragazzi che per me sono speciali, perché non è semplice prepararsi senza avere una scadenza dinnanzi». Intanto aspetta il 17 giugno, per proiettare se stesso sul campo. «Una finale è un’emozione, sempre. Peccato non ci sia il pubblico, il calcio è per loro. Ma spero che passi presto, che si possa riaprire, che torni completamente la normalità».
CdS