Dicono che sia un calcio finto: per la ripresa dopo quasi 105 giorni di fermo, per le 5 sostituzioni, per il fatto che si giochi quando invece un bel po’ di calciatori dovrebbe già essere a Ibiza o alle Seychelles e per il timore che dopo un’oretta in campo, la stanchezza trasformi la partita di calcio in qualcosa di assai simile a una di calcio a 5. Senza contare il caldo e l’umidità (che però stasera alle 21, quando Napoli e Inter scenderanno in campo saranno da notti di primavera).
Sarà, ma Rino Gattuso e Antonio Conte preparano la partita di questa sera neppure fosse la finale di un Mondiale. Tra formazioni nascoste, un mutismo persino gradito, un po’ di preoccupazioni. Perché, in ogni caso, sia per l’uno che per l’altro, passare il turno è uno degli obiettivi di questa stagione extralarge, che non finirà mai. Uomini del sud, Gattuso e Conte, sempre ad ascoltare la voce del proprio demone interiore. Allenano, senza tregua, l’ossessione, e si esaltano proprio in notti come quella di questa sera. Due tecnici con la bava alla bocca.
Il Napoli è Gattuso. L’Inter è Conte. Non ce ne vogliano i rispettivi predecessori. Li vedi simili, che corrono, scalciano, urlano, saltano e strabuzzano gli occhi. Hanno sofferto e lottato per arrivare dove sono: grandi calciatori, lottatori, piuttosto simili in campo e anche adesso.
Ma sempre con una fame terribile, come se nella vita non avessero mai avuto un giorno di felicità calcistica. Il terribile Rino da Corigliano e l’altrettanto terribile Antonio da Lecce. Meridionali veraci, uno che si è consacrato a Milano e l’altro a Torino, sponda bianconera. Ma tutti e due vincenti nell’animo e per dna.
Per Gattuso l’Inter è un derby, vista la vita passata con la maglia rossonera, di cui è praticamente un simbolo. Inseguiti e incalzati, lui e Antonio, dal vigore, dalla rabbia, dalla grinta. Qui al San Paolo, Conte, a 20 anni, marcò Maradona e nello stesso giorno segnò pure il primo gol in serie A. Conte non pensava, però, che questa Coppa Italia fosse il massimo delle ambizioni possibili: il suo ritorno in Italia se lo immaginava diverso. Lontano anni luce dal primo posto, fuori dalla Champions, rischia di fare un buco nell’acqua dovesse fallire la conquista della finale di Roma.
Gattuso è riuscito a far dimenticare le malinconie del Napoli di Ancelotti. Era una squadra triste ma è stata proprio la Coppa Italia a rianimarla: perse 2-0 in casa con la Fiorentina ed è stata proprio la vittoria con la Lazio, dopo una notte passata in ritiro a Castel Volturno a guardarsi in faccia, a dare la svolta alla stagione. E all’avventura napoletana di Gattuso.
Gattuso ha già vinto: perché non ha bisogno di cercare il consenso. Lo ha. A prescindere. Stasera, si sa, è una grande incognita: il Napoli non gioca una partita dal 29 febbraio, con il Torino. L’Inter dall’8 marzo, la notte della sfida alla Juventus. La squadra di Gattuso di questa sera dovrà procedere per istinti battaglieri, forte dell’1-0 dell’andata che non è vantaggio di poco conto. E le scelte di Ringhio non sono semplici. Dunque: ieri nella prova generale del San Paolo Mertens ha mostrato di essere in forma. Dunque, a parità di condizione, toccherà a lui piazzarsi al centro dell’attacco. E non a Milik.
Probabilmente Gattuso, proprio nell’ottica della battaglia, sceglierà Hysaj piuttosto che Mario Rui sulla fascia di sinistra, con il ritorno di Koulibaly al centro. Ospina vince il ballottaggio con Meret mentre Politano sembra il favorito su Callejon (il fatto che non resterà a Napoli il prossimo anno non c’entra nulla). E a centrocampo? Beh, qui c’è la tentazione gattusiani di schierare il pupillo Elmas di cui Gattuso celebra in ogni momento le lodi. Lobotka è out per affaticamento muscolare mentre Fabian non è al massimo e quindi la notte di Rino sarà passata con questo unico pensiero. In ogni caso, poiché non vuol dare vantaggio ad Antonio, possibile che alla fine rimescoli ogni cosa. Quel che conta è la strategia. Oltre che l’obiettivo: la finale dell’Olimpico, il 17 giugno. Sei anni dopo l’ultima Coppa Italia conquistata. Fonte: Il Mattino