Allarme contratti: Senza calcio è la fine
Molti tesserati non solo di Serie B e di Serie C stanno accettando riduzioni “sostanziose” ai loro ingaggi pluriennali per evitare rischi di sentenze con rescissioni.
C’è un quesito che inizia a ronzare fastidiosamente nella testa di numerosi dirigenti e di moltissimi calciatori. Soprattutto di Serie B e Serie C, ma, ovviamente, anche di Serie A. Ovvero, un’eventuale mancata riapertura dei campionati che effetto avrebbe sui contratti pluriennali in essere dei tesserati?
Oltre alla richiesta di riduzione dei compensi, procedura peraltro già avviata puntualmente per necessità da diverse società per calmierare una disastrosa condizione economica. Qualora non si arrivasse a una ripartenza dei tornei professionistici entro il mese di agosto, una volta giunti al 9 settembre, potrebbe essere invocata dagli uffici legali dei club la risoluzione dei contratti.
Questa sarebbe possibile in quanto l’inattività, non generata da responsabilità diretta delle società, si sarebbe protratta oltre i fatidici sei mesi. A stabilire tale termine perentorio sono, infatti, gli stessi contratti collettivi di lavoro dei calciatori professionisti.
Questa procedura è solitamente utilizzata dinanzi ai competenti collegi arbitrali nel caso di infortuni gravi o di una certa entità. Che comportino mancate prestazioni per lunghi periodi di tempo. Comunque oltre i sei mesi. Alcune società stanno già pensando di invocare “per analogia” lo stesso iter nel caso in cui i campionati non dovessero più ripartire a causa dell’emergenza Covid. Fonte: CdS