Younes a “T-Online”: “Le persone devono smettere di pensare che noi siamo speciali”
L'esterno d'attacco del Napoli vuota il sacco a T-online
D’accordo il fisico e la tecnica, però bisognerebbe allenare anche il cervello. «I calciatori sono aiutati a rimanere stupidi». Analisi durissima e impietosa, quella che Amin Younes firma ai microfoni di T-Online sul mondo del calcio. Uno spaccato di vita nel quale l’attaccante del Napoli, 26 anni, proprio non si riconosce e anzi rifiuta. «Noi professionisti non dobbiamo preoccuparci di nulla perché c’è chi lo fa al nostro posto. Ma poi alla fine non guardi più a destra e a sinistra». Un microcosmo buio.
STIPENDI CONTROLLATI
E allora, il dorato mondo di cuoio e piombo. Un peso pericoloso, secondo Younes: «Fanno tutto per noi. Quasi tutto ci viene tolto».
E così diventa un problema: «Un giovane professionista può giocare in modo fantastico, ma pochissimi sanno cos’è un conto corrente o come prepararsi al dopo ritiro. A una vita senza sport. I calciatori non dovrebbero essere soltanto spremuti come limoni per il loro talento, piuttosto andrebbero aiutati a tutti i livelli: atletico, umano, finanziario».
E ancora: «Guadagniamo tanto e viviamo lontani da un mondo normale, eppure ci sono alcuni che a fine carriera restano senza soldi».
Per l’occasione, Amin suggerisce un metodo di gestione accorta: «Fino a una certa età, i giocatori potrebbero ricevere soltanto una parte dello stipendio, e dunque i club dovrebbero versare la restante tranche su un altro conto. Un conto accessibile a fine carriera».
Tipo fondo blindato. «È solo un’idea per evitare che si spenda tutto e subito».
PAPA’ E PANCAKE
Younes, però, ringrazia suo padre: «In tanti provengono da contesti più poveri e all’improvviso diventano stelle senza apprendere la gestione del denaro. Anche io vengo da una famiglia del genere, ma ho avuto la fortuna di avere un padre che s’è preso cura delle mie finanze sin dall’inizio: non ho mai potuto fare quello che volevo con i miei soldi. Anche crescere al Gladbach, club eccezionale, è stata una fortuna».
Capitolo sperperi: «Ci sono calciatori che hanno cinque macchine e ricordo che mio padre diceva sempre: a cosa ti servono? Alla fine puoi guidarne soltanto una. Se nessuno ti spiega che è una sciocchezza, le compri semplicemente perché puoi».
Il calcio, insomma, secondo lui potrebbe cambiare: «Vorrei più normalità: il momento migliore resta l’adolescenza, quando porti le scarpe e casa per pulirle e quando t’insegnano i valori importanti. Oggi non si parla neanche più di cose sensate: se siamo in venti, diciotto guardano il telefono cellulare».
Gran finale: «La gente deve smettere di pensare che i calciatori sono speciali».
Anche a tavola: «Bisogna fare attenzione, certo, ma all’Ajax prima di giocare una partita mangiavo i pancake. Ed ero felice. E mangiandoli sono arrivato in finale di Europa League».
Fabio Mandarini (CdS)